Diario di bordo di “In ascolto”

QUANDO QUALCUNO ASCOLTA NELL'OMBRA
Maremetraggio tinge stavolta le sue tonalità blu-marine con il vibrante tocco del giallo!
E' proprio il caso di parlare di riuscita opera prima “nel segno della tensione” per il film “In ascolto” di Giacomo Martelli, una pellicola che raggiunge uno per uno tutti gli obiettivi narrativi, che si era prefissa.
Siamo tutti spiati, controllati, osservati: la potenza quasi sfacciata e sogghignante dei Servizi di Sicurezza è tentacolare, in nome di una supposta tutela pubblica internazionale.
Dall'America arrivano i mezzi (spaventosi) che consentono ad un centro inglese d'ascolto di essere il numero uno nel suo settore; eccoci piombati nel cuore di un mondo “top secret”: strutture dai costi miliardari e accessibili a pochi, e tra questi pochi uno yuppie rampante che è in realtà un mostro di cinismo e crudeltà.
Costui, che risponde al nome di Ashe, è un rappresentante della Wendell Cranshaw tecnologies, terrificante azienda in procinto di vendere un software satellitare all'avanguardia in tema di intercettazioni.
In questa cupa e frenetica vicenda di spionaggio industriale rimane coinvolta a Roma una ragazza che più vulnerabile e insicura non potrebbe essere: Francesca Savelli (l'attrice Maja Sansa); la donna ha la sventura di imbattersi in una tentata rapina, e tra le sue mani capita una valigetta dal contenuto incredibilmente caldo.
Non staremo a raccontare tutte le peripezie da lei vissute, e il ruolo chiave di un anziano e coscienzioso agente segreto inglese, tale Wagley (un formidabile Michael Parks), che farà di tutto per aiutarla, dalla fuga da Roma fino alle pendici del Monte Bianco, passando per l'isola d'Elba.
Molto poco italiano nella veste formale, il film di Martelli è genuinamente terrificante nel suo ipotizzare un futuro in cui la libertà dell'uomo è manovrata dalle macchine e da individui senza scrupoli; sarà pure fantapolitica, ma la cornice “attendibile” della sceneggiatura porta lo spettatore ad un pericoloso senso di impotenza e di insicurezza.
Uscito nel 2006 soprattutto grazie all'apporto di capitali umani e tecnici stranieri, il film è di straordinaria attualità nel prefigurare un futuro traballante in cui anche i cellulari spenti possono essere vivisezionati, ed il nostro stesso vivere quotidiano messo alla gogna da uno schermo luccicante.
Tra tecnici senza pietà e poliziotti dagli occhi sbarrati, emerge la dolce incredulità di Maja Sansa: veramente, il suo, un volto cinematografico da attendere di nuovo con ansia.
Chiusa così la sezione Maremetraggio Ante(opere)Prime, non resta che darci appuntamento alla Retrospettiva dedicata a Laura Morante, che aprirà “i lavori” della nuova e attesa edizione di Maremetraggio 2008.
L'ormai consueto saluto “cinematografico” a tutti, e… occhio alle onde!
 
Riccardo Visintin

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Diario di bordo di “Apnea”

LE ACQUE TORBIDE DELL' APNEA
Questo è un film che ci appartiene; voluto e promosso dalla Film Commission del Friuli Venezia Giulia, è una storia livida e plumbea battente la bandiera del Nord-Est.
Ancestrale vagamente indefinibile, l'atmosfera grigia e malinconica del mondo rurale Goriziano e Friulano fa da sfondo ad una vicenda senza sciropposi happy end.
C'è un omicidio brutale dietro ad un apparente decesso naturale?
E' quanto si chiede il giovane protagonista Claudio Santamaria, ex campione di scherma ora cronista sportivo.
E' un suo amico dalla faccia d'angelo ad essere ritrovato esanime dentro un'automobile.
Dopo il dolore ed il disorientamento iniziale, la crepuscolare e complicata storia assume i connotati inquietanti e destabilizzanti del complotto, dell'enigma spacca cervelli.
Non riveleremo il nome dell'assassino né il meccanismo nero che è insito e nascosto nel plot: basti sapere che il film ricorre a molteplici schemi narrativi congiunti per convincere lo spettatore, con il risultato di forzare un po' le cose ed annacquare la suspence.
Nonostante ciò, va riconosciuto al giovane volenteroso regista Roberto Dordit il merito di aver ordito un originale impianto filmico, in cui le implicazioni psicologiche dei protagonisti vanno a braccetto con il contesto sociale attuale.
Mentre il racconto assume i toni del dramma d'ambiente (il lavoro nero), i ricatti, i soprusi, si apprezza il lavoro dei volenterosi protagonisti, dal già citato Santamaria al triestino Maurizio Zacchigna, alla bellissima Fabrizia Sacchi.
Molto bella e sottile la chiave psicanalitica espressa dallo sport della scherma, arte della maschera del gesto, pericolosa e tagliente come la vita stessa.
All'interno di un microcosmo gelido e soffocante dove qualcuno si industria per apparire quello che non è, forse non basta la purezza d'animo per vincere una battaglia contro la crudeltà.
A conclusione della piacevolissima serata (sede ospite, il sempre apprezzabile Cinema Ariston), non rimane che aspettare un nuovo lavoro della sezione Maremetraggio Ante (opere)Prime, sempre nell'ottica di promozione e divulgazione di tutto quel cinema nostrano non sempre baciato dalle luci delle celebrità.
Senza dimenticare (last but not least) che proseguono i lavori artistici nel cantiere estivo di Maremetraggio 2007, ma questo dev'essere ancora una sorpresa… Appuntamento a presto.
Riccardo Visintin

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Diario di bordo di “Per non dimenticarti”

ALLE SOGLIE DELLA VITA
Esistono film che prendono alla gola per l’emozione.
Frammenti di cinema, improvvisi o meditati, che tolgono allo spettatore la razionalità, il senso critico, per riportarlo – vergine – al cuore delle sensazioni più autentiche.
Succede proprio a chi va a conoscere “Per non dimenticarti”, splendida opera di Mariantonia Avati, altro appuntamento di rilievo della sezione Ante(opere) prime voluta da Maremetraggio.
Siamo a Roma nel 1947, la guerra è da poco finita e faticosa affiora la parola “ricostruzione”. E’ un’ Italia povera eppure speranzosa, tenera e tragica, indifesa e struggente, quella che troviamo in ospedale; sospesa tra i sogni e la gelida realtà, la paura del futuro e le aspettative del presente. Qui, nove creature stanno per venire alla luce.
Nove donne, nove destini femminili incrociati, nove piccole fiammelle avvolte dalle lenzuola ruvide di un casermone grigio, tra infermiere poco pazienti e severi dottori dal pizzetto bianco.
C’è una giovane protagonista (Anita Caprioli), anche lei incinta, che vede tutto con sguardo malinconico e partecipe: a lei toccherà la disgrazia più grande, la perdita del bambino che ha in grembo.
Le altre sono foglie al vento di diversa natura: la straniera che non ama il marito e vorrebbe scappare con il suo “vero” uomo del cuore (un bravissimo Massimo Bonetti);la stralunata che ha fatto l’amore con un soldato di colore ed ora deve portare sé stessa e il suo “figlio della colpa” lontano, molto lontano…
C’è, ancora, chi ha il marito nei guai fino al collo, perché non sa guidare ben i pullman ed ha trascinato tutti in un incidente, reale e metaforico.
Altre ancora, dolci e spaventate, unite in una scorpacciata di castagne e nel guardare la neve alla finestra, mentre si invocano i santi e gli abbracci sono sempre intrisi di pianto.
Togliamoci subito il pensiero: Mariantonia Avati è dotatissima ed il suo apologo – fiaba si segnala per il senso straziante di verità di fronte alla più sacra delle coppie: una madre ed il suo bambino.
Si partecipa, ci si commuove, si parteggia per queste eteree eroine positive, soprattutto si loda la non comune vena antiretorica che ammanta una materia narrativa così facile al cliché ruffiano ed ammiccante.
Sfida vinta per la figlia di Pupi Avati, la cui presenza – inevitabile – traspare da certi scorci, da certe emblematiche sequenze che un po’ rimandano ai capolavori minimalisti del cineasta bolognese “Le strelle nel fosso” (1978) in primis.
In definitiva, un’altra bella serata di cinema, a cui consegnano il proprio motivato contributo attori puntuali come Enrica Maria Modugno, Chiara Sani, Ettore Bassi e perfino l’indimenticata ex “signorina buonasera” Rosanna Vaudetti.
Appuntamento al cinema Ariston per un nuovo titolo “tutto italiano”.
 
Riccardo Visintin

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Diario di bordo della conferenza stampa del 21 febbraio

MAREMETRAGGIO 2007: LA PROFONDA ONDA AZZURRA SI AVVICINA!
…e promette di essere un’onda di quelle indimenticabili, avvolgente a dir poco!
Se n’è avuto palese sentore mercoledì 21 febbraio 2007, quando nel “quartier generale” di Maremetraggio in via Pozzo del Mare, è stata ufficialmente presentata un’ anteprima dell’ottava edizione del Festival.
Un’ edizione quanto mai ricca e articolata, sempre per quella medesima volontà di cooperazione che per l’associazione è un “must” sempre rispettato. Attraverso il contatto e il dialogo con le altre realtà culturali presenti in città – ha sottolineato più volte Chiara Valenti Omero – si può sperare di crescere, e del resto Trieste con i suoi cinque festival cinematografici annuali può a buon diritto fregiarsi del titolo di “città multimediale”.
Cosa ci riserva – senza togliere suspense e anticipare sorprese saporite – il nuovo programma concretizzato da Maddalena Mayneri.
Stavolta i lungometraggi in concorso vengono presentati durante la stagione “fredda”, consentendo ai medesimi una maggiore visibilità a livello distributivo.
Le sezioni Cei, Corallino e Maremetraggio resteranno “corpus” palpitante della manifestazione: per conoscere i territori inesplorati del cinema proveniente dal centro Europa, per aiutare i più giovani ad approcciarsi al cinema, per scoprire come e cosa premiano all’estero quando si tratta di “short movies”.
Particolarmente apprezzato la scorsa estate, il Maremetraggio Village tornerà in Piazza della Borsa come microcosmo palpitante di umanità cinematografica e non; incontri e dibattiti saranno all’ordine del giorno, per tutti quelli che vogliono approfondire una visione cinematografica e anche per quelli che vogliono solo polemizzare!
Sempre attenta al nuovo e al “non esplorato”, l’ Associazione Maremetraggio invita il proprio pubblico ad interagire con lei, inventando uno slogan per l’edizione 2007! E’ un’ idea originale e simpatica, oltretutto premiata dalla presenza come ospite al week-end finale del Festival per chi dimostra più inventiva e creatività.
Altro ancora sarà da corollario, mentre di giorno in giorno cresce il lavoro e l’impegno dello staff tutto, per portare sempre più cinema sulla battigia del golfo.
Infine un brindisi “rossovivo” con spumante dolce ha suggellato l’incontro con giornalisti ed addetti ai lavori.
Appuntamento a luglio e, of course, attenti all’onda!
 
Riccardo Visintin

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Diario di bordo de “L’aria salata”

LA GABBIA DELLA FARFALLA UMANA

Venerdì 9 febbraio 2006, è di scena il grande cinema italiano al cinema Alcione; alla presenza del regista Alessandro Angelini e di uno dei protagonisti (Giorgio Colangeli) è stato infatti proiettato “L’Aria salata”, nuovo pregevole titolo del progetto Maremetraggio ante (opere) prime.

Una città (Roma), livida e non certo “da cartolina”, un carcere (Rebibbia) dove ogni sguardo è un martirio, una lama gelida, un destino frammentario.

In questo perimetro si muovono due uomini, un giovane educatore di detenuti di nome Fabio (Giorgio Pasotti) e un assassino dal destino perduto, Luigi Sparti (l’ attore Giorgio Col angeli).

Già dal primo incontro salta a galla la terribile verità: Fabio e Luigi sono figlio e padre, ricongiunti dalla fatalità, faccia a faccia in un ambiente deprimente ed ossessivo. L’incontro ha tutti i crismi dello scontro: straziante, dolorosa, la riconciliazione passa attraverso troppi setacci e troppi contraccolpi. Ogni gesto, ogni parola, sono benzina sul fuoco.

Luigi Sparti ha ucciso un uomo, non chiede indulgenza e non la sente per il suo prossimo: vittima di un cinismo catacombale, non sa cosa farsene di questo figlio ritrovato che dà ordini, che sentenzia, che accusa, ferito per la mancata presenza paterna.

Insperata, arriva una giornata fuori dal pianeta – carcere, una “ventiquattro ore” di permesso; per Luigi Sparti è quasi un martirio, poiché deve conoscere la sorella di Fabio (cioè sua figlia) e rimettere in moto altri meccanismi che portano dritto ad un lungo tunnel dell’ orrore. Afflitto da crisi epilettiche, sobillato dai compagni di cella che lo minacciano e gli chiedono “favori” , l’uomo stenta a credere che il barlume di luce proposto dal figlio possa essere un fuoco caldo.

Il finale del film, brusco e anticonsolatorio, aggiunge verità a quest’ opera tesa e drammatica, sorretta da un formidabile duo di interpreti che non dimenticheremo.

Quando si parla di crisi del cinema italiano lo si fa spesso a sproposito, citando alla rinfusa e magari omettendo qualche debutto di valore, come questo del giovane documentarista Alessandro Angelini, presente venerdì sera ad un simpatico incontro pubblico.

Lo “sguardo lungo” della Associazione Maremetraggio ha permesso visibilità a questo film, proseguendo in una lunga tradizione di “scoperte” e “riscoperte” cinematografiche.

Simile a una farfalla, che vive lo spazio di una giornata, anche Luigi Sparti vive fuori dalla gabbia per 24 ore soltanto, tra sorsi di redenzione e il risucchio verso un destino esistenziale tragico ed inevitabile.

Appuntamento a presto, con il prossimo titolo della sezione ante (opere) prime, nuovo progetto “dei mesi freddi ” di Maremetraggio.

 

Riccardo Visintin

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Diario di bordo de “L’ orchestra di Piazza Vittorio”

RAPSODIA MULTIETNICA
Siete ormai abituati a considerare “Maremetraggio” una creatura estiva? Potete tranquillamente cambiare idea, visto che attraverso il progetto “Ante (opere) prime” l’ Associazione fa sentire la propria voce anche d’inverno, una voce, ovvio, a difesa del buon cinema.
Giovedì 25 gennaio, sera, un freddo da tagliare con il coltello, ma l’occasione cinefila è italiana e ghiotta: sullo schermo compare l’opera di Agostino Ferrente “L’orchestra di Piazza Vittorio”. E’ un lavoro delizioso nella sua cornice naif, un “documusical” dal forte significato sociale e politico, fortemente voluto da un produttore attento e sensibile quale Andrea Occhipinti (ex attore). Un film che unisce alla musica il senso pieno del rispetto altrui.
Roma caput mundi, mai proverbio fu più attinente al reale: sotto il sole cocente del Colosseo o nel traffico infernale di via dei Fori Imperiali succede di tutto. Gli indiani che salmodiano a battuta libera con la loro tipica voce cantilenante, i cubani che trovano casa (e moglie) made in Italy, e poi chi viene dall’ Ungheria, e poi, e poi…Vi è anche un simpatico personaggio barbuto che ha un sogno bello e folle (tutti i sogni devono essere folli per essere anche belli!) cioè creare dal nulla un’orchestra multietnica, tutta composta da immigrati, che come una sarabanda circense e variopinta attraversi a testa alta il torpore generale.
Mentre conosciamo – fotogramma per fotogramma – le abitudini e i risvolti psicologici di chi non è italiano, si susseguono momenti di sconforto ed altri di esaltante creatività. Si tratta di una chimera delirante? Compaiono gli Avion Travel e la storia – perché di storia si tratta, e con tutti i contorni magici della fiaba apologica – prende corpo fino al finale bellissimo ed esaltante, che si conclude con una straordinaria jam – session all’insegna della comunicazione collettiva.
Appuntamento a fine febbraio con un altro piccolo gioiello italiano da riscoprire, in un’ ottica filologicamente scrupolosa che valorizza il cinema nella sua qualità di opera narrativa, prima che economica o di distribuzione. Resta da dire che mai come in questi tempi da “centrifuga” l’emozione di una prima visione cinematografica assume contorni inediti, quasi irreali.
Forse troppo home-video è passato sotto i ponti per re-abituarsi al grande schermo? Diremmo di no, e comunque la Roma esotica e caldissima di Ferrente, popolata da mille maschere umane palpitanti, vale il prezzo del biglietto.
 
Riccardo Visintin

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