Diario di bordo de “L’aria salata”

LA GABBIA DELLA FARFALLA UMANA

Venerdì 9 febbraio 2006, è di scena il grande cinema italiano al cinema Alcione; alla presenza del regista Alessandro Angelini e di uno dei protagonisti (Giorgio Colangeli) è stato infatti proiettato “L’Aria salata”, nuovo pregevole titolo del progetto Maremetraggio ante (opere) prime.

Una città (Roma), livida e non certo “da cartolina”, un carcere (Rebibbia) dove ogni sguardo è un martirio, una lama gelida, un destino frammentario.

In questo perimetro si muovono due uomini, un giovane educatore di detenuti di nome Fabio (Giorgio Pasotti) e un assassino dal destino perduto, Luigi Sparti (l’ attore Giorgio Col angeli).

Già dal primo incontro salta a galla la terribile verità: Fabio e Luigi sono figlio e padre, ricongiunti dalla fatalità, faccia a faccia in un ambiente deprimente ed ossessivo. L’incontro ha tutti i crismi dello scontro: straziante, dolorosa, la riconciliazione passa attraverso troppi setacci e troppi contraccolpi. Ogni gesto, ogni parola, sono benzina sul fuoco.

Luigi Sparti ha ucciso un uomo, non chiede indulgenza e non la sente per il suo prossimo: vittima di un cinismo catacombale, non sa cosa farsene di questo figlio ritrovato che dà ordini, che sentenzia, che accusa, ferito per la mancata presenza paterna.

Insperata, arriva una giornata fuori dal pianeta – carcere, una “ventiquattro ore” di permesso; per Luigi Sparti è quasi un martirio, poiché deve conoscere la sorella di Fabio (cioè sua figlia) e rimettere in moto altri meccanismi che portano dritto ad un lungo tunnel dell’ orrore. Afflitto da crisi epilettiche, sobillato dai compagni di cella che lo minacciano e gli chiedono “favori” , l’uomo stenta a credere che il barlume di luce proposto dal figlio possa essere un fuoco caldo.

Il finale del film, brusco e anticonsolatorio, aggiunge verità a quest’ opera tesa e drammatica, sorretta da un formidabile duo di interpreti che non dimenticheremo.

Quando si parla di crisi del cinema italiano lo si fa spesso a sproposito, citando alla rinfusa e magari omettendo qualche debutto di valore, come questo del giovane documentarista Alessandro Angelini, presente venerdì sera ad un simpatico incontro pubblico.

Lo “sguardo lungo” della Associazione Maremetraggio ha permesso visibilità a questo film, proseguendo in una lunga tradizione di “scoperte” e “riscoperte” cinematografiche.

Simile a una farfalla, che vive lo spazio di una giornata, anche Luigi Sparti vive fuori dalla gabbia per 24 ore soltanto, tra sorsi di redenzione e il risucchio verso un destino esistenziale tragico ed inevitabile.

Appuntamento a presto, con il prossimo titolo della sezione ante (opere) prime, nuovo progetto “dei mesi freddi ” di Maremetraggio.

 

Riccardo Visintin

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