Un percorso di ricerca

Fucine Mute intervista Laura Morante presente a Maremetraggio con una retrospettiva a lei dedicata.

Laura Morante

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intervista a cura di
Jimmy Milanese

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Jimmy Milanese (JM): Fucine Mute intervista Laura Morante presente a Maremetraggio con una retrospettiva a lei dedicata. La prima domanda viene da lontano. Avendo vissuto in famiglia con altri nove fratelli, questa quotidianità cosi “affollata” le è stata di aiuto per la sua carriera di attrice?

Laura MoranteLaura Morante (LM): Per la vita sicuramente, per la carriera non saprei. A dir la verità non so definire esattamente cosa sia una carriera, ancora devo capirlo. Non essendo una persona particolarmente socievole, non ho molti amici, posso dire che i miei fratelli sono fondamentali in quanto, al di là dell’affetto, sono le uniche persone con le quali realmente comunico, cosa che non mi riesce così facile con tutti.

Piuttosto che comunicarci, mi piace molto guardare la gente, mi risulta più semplice. Non nascondo infatti di avere un passato da persona timida, che oramai penso di aver superato in gran parte. Qualcosa però rimane. Mi è difficile stabilire un rapporto con le persone, non sono molto estroversa. Ed è da questo che nasce l’importanza del rapporto con i miei fratelli: con loro non ho inibizioni, rappresentano per me un grande sostegno.

JM: Lei è arrivata al cinema passando attraverso il teatro, specialmente quello di Carmelo Bene, il cui archivio è ospitato proprio qui a Trieste. Sicuramente un personaggio dal carattere un po’ ruvido e difficile. Può ricordarci la sua figura?

LM: Ruvido e difficile sono aggettivi che non rendono bene l’idea. Carmelo era proprio un torturatore professionista. Però, in realtà, i suoi collaboratori amavano farsi torturare, faceva parte del gioco e in pochi si sottraevano alla “tortura”.
Per quanto riguarda me, il nostro rapporto era quasi di sfida.

Laura Morante

A quel tempo ero una giovane alle prime armi con un passato da ballerina, ma avevo un carattere abbastanza forte che mi permetteva di non subire il suo modo di fare. Caratteristica che Carmelo a suo modo apprezzava, quasi lo divertisse, e lo dimostra che mi richiamasse spesso a far parte dei suoi progetti. Con lui ho fatto l’Amleto per la televisione, Riccardo III in una lunga tournée in Italia e per il piccolo schermo e il S.A.D.E. a Parigi. Evidentemente c’era una sorta di simpatia reciproca.

JM: Successivamente, all’inizio degli anni ’80, il salto nel cinema con Bernardo Bertolucci e Nanni Moretti. Al di là delle comparazioni, quali sono le differenze di richiesta nello stile recitativo che questi due registi evidenziavano? Senza fare graduatorie o classifiche, ovviamente.

LM: A dire il vero non lo saprei dire. Con Nanni ho fatto tre film quindi è stato un rapporto costruito negli anni e – per quanto la si possa avere con lui – anche un’amicizia. Eravamo anche coetanei. Insomma, erano due situazioni completamente diverse. Bertolucci ha rappresentato per me la scoperta del cinema. Lo amava davvero e affrontava i suoi film con un entusiasmo quasi da bambino. Era straordinario vederlo lavorare.

Per quanto riguarda Nanni, il nostro è stato un rapporto di tipo diverso. Lui è come si presenta: un po’ peggio e un po’ meglio. È una persona piena di istinti contraddittori. A tratti buono e ad altri tanto cattivo, alle volte generoso ed altre avaro di aiuti, consigli e comprensione. In certe situazioni addirittura disarmante. È assolutamente contraddittorio. Lo conosco oramai da quasi trent’anni e li ho passati, oltre a fare anche altro per mia fortuna, a detestarlo e ad amarlo allo stesso tempo. Non sono mai riuscita a far pace con i miei sentimenti nei suoi confronti e credo sarà così per sempre.

Laura Morante accanto a Nanni Moretti in una scena del film la stanza del figlio

JM: Proprio a proposito di Nanni Moretti, come spiega il successo del bellissimo film La stanza del figlio? Cosa è riuscito a “solleticare” nel pubblico sia italiano, che francese, rispetto alle tante altre commedie o tragedie italiane?

LM: Prima di tutto direi che Nanni ha il suo pubblico. È diventato una sorta di brand, e ciò rappresenta in sé anche un pericolo. Pericolo che tutti corrono quando si trovano in questa situazione, s’innesca una sorta di auto celebrazione che porta ad una strada chiusa. Nanni è consapevole di questo rischio, proprio perché è anche un brand.

Il caso de La stanza del figlio è quello di una pellicola globalmente bella: ben scritto, ben recitato, con una bella sceneggiatura, film onesto e rigoroso. Ma penso anche che Nanni continuerebbe ad avere il suo pubblico italiano qualunque cosa facesse. Rischia un po’ di diventare il re della favola di Andersen: c’è un pubblico di Nanni (non saprei quantificarlo ma esiste e lo seguirà sempre) che gli è devoto, quasi in una forma di idolatria. È contemporaneamente un vantaggio e un rischio.

JM: Ho un bellissimo ricordo del film: “Un viaggio chiamato amore”, la storia di Dino Campana e della sua amante. Cosa c’è di Laura Morante nella figura di Sibilla?

Laura Morante in una scena del film Un viaggio chiamato amore

LM: Rispondere a questa domanda, non per questo film in particolare, ma per qualunque film è difficile. Tutte le interpretazioni, quando sono riuscite, rappresentano un punto d’incontro tra un personaggio e un interprete. Per essere credibile, bisogna trovare questo incontro. Anche per la caratterizzazione apparentemente più distante, bisogna trovare un “luogo” dove la incontri, altrimenti non sei credibile. Deve necessariamente esistere, in quanto in ciascuno di noi probabilmente esiste qualunque cosa e bisogna avere la capacità di saper cercare. A quel punto, per qualunque personaggio, poniamo ad esempio un serial killer ossia sia l’ultima cosa che credo potrei diventare al mondo, bisognerà cercare quell’incontro senza il quale la mia interpretazione non risulterà credibile.

JM: Ultima domanda telegrafica: è più gratificante essere richiamati da un regista o essere contattati da un regista nuovo?

LM: Lei sta citando una cosa che ho già detto. La risposta la sa già.

JM: Involontariamente…

LM: Mi è capitato varie volte di dire che fa piacere essere chiamati da un nuovo regista ma lo è ancora di più essere richiamati. Ovviamente…

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