Diario di bordo 1 luglio

MAREMETRAGGIO 2011: INSEGUENDO L’AZZURRO PIU’ PROFONDO …
E guardò verso il mare … qualcosa da non poter raccontare in una sola frase (J. Conrad)
Ci sono avventure più avventurose di altre; basta un soffio contrario od una corrente inaspettata per accorgersi che la conquista dell’azzurro è più difficile del previsto.
Maremetraggio 2011 vince la sfida di una edizione sottoposta a tagli e sgravi economici non proprio di esile caratura; l’affetto dimostrato dal pubblico e dagli addetti ai lavori già durante la conferenza stampa di martedì 28 giugno al Savoia Palace Excelsior è buon incentivo e dimostrazione che questi 11 anni sono stati vivi e fruttuosi.


Spossati dal caldo opprimente, siamo anche soggetti agli scherzi estemporanei di una meteorologia ormai centrifugata; così la serata di inaugurazione al Giardino Pubblico nasce sotto il segno della suspence più Hitchcockiana: prima vento, poi pioggia itinerante, quindi di nuovo vento.
Una sola interruzione costringe gli astanti a rifugi di fortuna al caldo ed al coperto, ma non è anche così che ci si conosce e ci si confronta?
Come sempre, Maddalena Mayneri e Chiara Valenti Omero presentano la loro e nostra creatura artistica con eleganza e senso della misura: brave ed encomiabili non solo per gli sforzi come di consueto sostenuti ma anche per la capacità di lavorare in condizioni meno ottimali del solito.
Il mappamondo cinematografico che si dipana davanti ai nostri occhi è stasera straordinariamente omogeneo: storie di popoli, di polvere, di terra rossa e di negazione di questa stessa terra.
Gente -spesso dalla pelle non bianca- che tra il cielo ed il mare cerca disperata il senso della propria vita.
Una bizzarro ma efficace gemellaggio Belgio-Burundi consente al regista Ivan Goldchmidt di firmare il bellissimo apologo bellico-poetico intitolato NA WEWE; una storia che ci riporta al millennio passato ai furenti conflitti tra etnie nere, alla disperazione di chi attonito assiste ai soprusi che l’uomo infligge al prossimo senza averne alcun diritto, 19 minuti formidabili, tesi, sferzanti come una frusta sotto il sole dell’Africa.
Tutt’altra materia narrativa per lo spassoso LA METAPHORE DU MANIOC di Lionel Meta: una produzione francese nella quale un povero tassista non riesce a liberarsi di una squinternata passeggera che lo vorrebbe trascinare fino a Denver. Soluzione finale all’insegna del surreale più surreale.
Siamo abituati ad un itinerario mentale esotico quando pensiamo alla Costa d’Avorio: di solito banale cartoline dalla vacanze a base di cocco e bibitoni colorati assortiti; ci riporta ad una realtà quasi straziante il tedesco Fabian Raabe con ZWISCHEN HIMMEL UNDE ERDE dove il linguaggio semiotico dell’infanzia è soluzione chimica, bagno di purezza, ritorno alla virginalità. La guerra come mostruoso elemento di deformazione dei destini.
Un accenno di leggerezza arriva dalla favola nera d’animazione EN EL INSOMNIO di José Ángel Alayόn Dévora, dove la condanna all’insonnia di un occhialuto uomo qualunque si conclude con … soporifera ma mortale ironia: disegni in bianco e nero, risolti in souplesse.
Davide Del Degan è un vecchio – giovane amico di Maremetraggio: quando si posiziona dietro la macchina da presa non è mai per raccontare l’ovvio e lo scontato; talentuoso sempre stavolta ha superato se stesso con un cortometraggio molto applaudito dal pubblico; HABIBI: basterebbe la prima sequenza con il grande Omero Antonutti con lo sguardo perso verso l’orizzonte a connotare un viaggio a rebours attraverso ricordi, frammenti dei medesimi scintille di qualcosa che va assolutamente catturato.
Dopo tanto pathos e approfondimento emotivo un tuffo nel grottesco appare puntuale pietanza; dalla Germania più autoironica e fracassona arriva ICH BIN’S HELMUT, un giochino molto divertente dove i personaggi escono dalle pareti, interagiscono con i mobili, scuotono il mondo borghese del non più giovanissimo Helmut: a modo suo, una satira del focolare domestico ben caro a tutte le famiglie.
Ancora un terribile avvertimento sullo stupro morale oltre che fisico a cui vengono sottoposti i bambini, in certi Paesi dove qualsiasi diritto umano e civile rappresenta la più siderale delle utopie. Ad un innocente viene messo in mano un fucile e lo scoppio della polvere da sparo è un colpo al cuore metaforico reale per chi assiste a PERDIDO dell’iberico Alberto Dorado.
Scrivere un film, piccolo o grande che sia, spesso se gomito a gomito con altre persone è un impresa da fare tremare i polsi; ma cosa succede quando i personaggi inventati diventano improvvisamente reali? Tutta la magia Hollywoodiana del fare e consumare Cinema è contenuta nel dolcissimo ma ironico VICKY AND SAM di Nuno Rocha. Autore proveniente dal Portogallo da tenere d’occhio.
Mancava nel cartellone della serata un acquarello femminile di quelli “giusti”, ci pensa Janína Marques Ribeiro con LOS MINUTOS, LAS HORAS dove la scoperta dell’amore assume i connotati eccitanti e colorati di una “première  fois”.
Quasi un omaggio alle passioni infantili ed alla ricerca dello Spazio, APOLLO del giovane tedesco Felix Gönnert, riporta alla memoria certe suggestioni appartenenti  all’infanzia di ognuno di noi: per alcuni i fumetti della Marvel Comics, per altri certi racconti di fantascienza dove l’approdo sono le stelle più lontane. Simpatico e tenero il bambino versione cartoon al centro del plot.
Strettamente legato alla nostra quotidianità, al mondo ipervelocizzato dei blog e della politica fast food è SPOSERO’ NICHI VENDOLA di Andrea Costantino, dove si discetta con amabilissima ironia di comunismo e omosessualità; interpreti non conosciuti ma aderenti ai ruoli a loro ascritti.
Sempre dal sud, nello specifico dalla Puglia, proviene UERRA di Paolo Sassanelli, che gioca sull’interpretazione che dei conflitti bellici può dare un bambino rispetto ad un adulto: ambienti assolati, gustosi duelli linguistici per un lavoro ancora una volta originale e vivo sul Pianeta Meridione.
Mentre un vento carico mulinella intorno al pubblico comunque rimasto, non resta che predisporsi mentalmente per la serata di sabato.

Riccardo Visintin

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