L’approdo! Diario di bordo di sabato 4 luglio

Trentacinque gradi, e sentirli tutti: il display rosso in fondo alla Via Battisti non mente, ed è un sabato all’insegna del fuego.
Giornata campale per lo staff di Maremetraggio, che si appresta a vivere il suo momento topico, senza aiuti da parte della meteorologia.
Maurizio Di Rienzo conduce, nel bianco del Maremetraggio Village, l’incontro “DAL CORTO AL LUNGO : QUALI ESORDI PRODURRE” e la conversazione assume toni accesi, appassionati, perchè il vero cinephìle si infervora quando viene toccato negli affetti filmici più cari.

Tutto oggi è perfetto, anche se trafelato: la simpaticissima Ambra Fedrigo dai capelli rosso tiziano riprende il riprendibile: a lei difatti va il
compito di realizzare un ricchissimo backstage sul Festival e ne uscirà un lavoro poetico e pieno, oltrechè cinematografico ed artistico.
Arrivano in tanti a festeggiare l’approdo di Maremetraggio 2009: Bebo Storti che gigioneggia con gli amici anche fuori dal set e dal palco, Giuseppe Battiston, Rolando Rovello, la dolcissima Marina Rocco, Giuseppe Cederna dalla voce magnetica, Fausto Brizzi e la nostra cara, amatissima Ariella Reggio.

Si beve un buon bianco scoppiettante, ci si intrattiene con le organizzatrici Maddalena Mayneri e Chiara Valenti Omero che hanno un sorriso per tutti.
Come già detto vestito d’oro e di nero, il pesantissimo e generoso catalogo è curato dalla insostituibile, velocissima Sara Silvestri responsabile anche
del preciso Ufficio Ospitalità. Un’altra nuova amica da ricordare: Giulia Cuofano da Sanremo, oltretutto abile pilota dei bolidi neri targati Maremetraggio.

Questo, si sarà già capito illo tempore, è il Festival delle donne: Giulia Basso dell’Ufficio Stampa e Comunicazione (una veneta di talento), Stefania Menegaldo della Segreteria Organizzativa, Maria Grazia Soranno, che non abbiamo conosciuto di persona, ma che ha inventato lo slogan 2009, Maria Rosaria Buffa che ha reso il Daily un supporto cartaceo elegante e da conservare, anche per le interviste da lei realizzate.

Inevitabilmente bellissime e tutte da citare le nostre hostess: Nicoletta Scarpa ,Silvia Benedetti, Giulia Mamolo, Silvia Perrone,Giorgia Poillucci, Caterina Porro, Giulia Chiozza, Roberta Tonazzi, una compagine femminile che ci rende orgogliosi. E un forte abbraccio a tutte quelle che abbiamo dimenticato!

Ore dodici: folla delle grandi occasioni per l’arrivo sul gold carpet di Alba Rohrwacher: di una semplicità disarmante, si ferma con tutti ed è visibilmente felice per il momento di meritato successo che sta attraversando.

Resterà con noi anche per le premiazioni pomeridiane, una lunga cerimonia che è rito collettivo, momento di confronto, approdo del nostro Festival.
Prima menzione per la poetica descrittiva tutta al femminile di Guendalina Zampagni, vincitrice come miglior opera prima per ” QUELL’ESTATE”.
Il pubblico di Maremetraggio 2009 ha invece voluto lodare l’impegno sociale senza riserve di Marco Amenta, autore di un film destinato a restare, “LA SICILIANA RIBELLE”.

L’arte della recitazione non si impara dalla sera alla mattina , quindi i giovani o giovanissimi che si cimentano nell’impresa vanno confortati: ecco come va letto il Premio Officine Artistiche a Mattia De Gasperis, adolescente di cristallo alle prese con i muri della vita nel bellissimo “PRIMO GIORNO D’INVERNO ” di Mirko Locatelli.

Attore antiretorico e defilato (lo vedemmo in teatro a Trieste in un memorabile “Giardino dei Ciliegi” di Cechov, diretto da Gabriele Lavia) Giuseppe Cederna viene premiato per il suo ruolo di guardiano notturno in “ASPETTANDO IL SOLE” di Ago Panini, opera a cui auguriamo concreta, duratura visibilità.
Ancora, Pia Lanciotti si porta a casa la palma di miglior attrice per “L’ESTATE D’INVERNO” di Davide Sibaldi.

Critica specializzata concorde, poi, nel considerare “PA – RA – DA “di Marco Pontecorvo film degno del loro Premio della Critica, appunto.
Al regista sono state riconosciute palesi doti di attendibilità storica e senso del cinema: davvero non male.

Premio CEI , quindi, a “TOUR” di Simoni Balasz, considerato vox populi il miglior rappresentante cinematografico dell’Iniziativa Centro – Europea: sorta di favola morale sul ciclismo , è stata apprezzata per l’efficacia della messa in scena e per il suo morbido sense of humour.

Standing ovation, poi, per il già citato “EL GRECO” di Iannis Smaragdis: un lavoro salutato da un calore umano quasi senza precedenti.
Ghiaccio,freddo e neve contrastano con questo cocente luglio triestino: ma la legge degli opposti e dei contrasti vince sempre, ed ecco l’Islanda di Runar Runarsson vincere i diecimila euro del Premio “SHOP & PLAY” Città Fiera per il suo “SMAFUGLAR”.
Spaccato di vita adolescenziale anche quello al centro de “IL TORNEO”di Michele Alhaique, vincitore del Premio Maremetraggio al Miglior Corto Italiano.
Davide Del Degan ha riscosso largo consenso da parte del pubblico di Maremetraggio: il suo “PRIGIONIERO”è stato difatti il corto più gettonato.
L’animazione – copiosamente presente quest’anno con lavori di raffinato cesello grafico – ha visto il suo alfiere vincitore in “BERNI’S DOLL”di Yann J (Premio TRUDI al Miglior Corto d’Animazione), mentre la surreale giungla suburbana di “CLACSON”ad opera Takehito Kuroha ha convinto tanto da meritarsi il premio “242 Movie TV”.

Ultimo tuffo per il Premio Imaghia al “corto che fa bene”che sceglie due lavori di delicata fattura, portatori sani di un messaggio universale altrettanto sano: sono “FELIX” di Andreas Utta e “MY LITTLE BROTHER FROM THE MOON” di Frederic Philibert.

Suggella il tutto un altro, interminabile brindisi che coinvolge veramente tutti, immortalati dal fotografo ufficiale della manifestazione Marco Pregnolato e dai tantissimi giornalisti ed appassionati presenti dentro e fuori il tendone.
Sarebbero ancora numerossimi gli amici da ricordare: il gentile e riservato Pippo Mezzapesa, il generoso artista Manuel Fanni Canelles, autore di una
performance quale “SENZA TELA”, che ci ha lasciati senza parole per forza evocativa, le bellissime Valentina Lodovini e Fabrizia Sacchi….
La lunga avventura di Maremetraggio 2009 vede poi il suo naturale epilogo con la Festa Greca allo Yacht Club Adriaco: un bel momento di comunicazione collettiva che sigilla dieci incredibili giorni, proprio come il titolo di un vecchio film di Claude Chabrol.
Il resto è ancora tutto da scrivere, per chi c’era e per chi non sa quello che si è perso mancando!

[b]Riccardo Visintin[/b] Continua a leggere

Diario di bordo di venerdì 3 luglio

“Cuore e Batticuore”, titolava una nota serie tv giallorosa con Robert Wagner e Stephanie Powers: noi rubiamo la definizione per spiegarvi il mood sentimentale che si vive nei giorni cruciali di un Festival, quando tutto deve funzionare alla perfezione e gli impegni si susseguono a ritmo vorticoso.

Venerdì mattina fa caldo – caldissimo, ma gli occhi sono ugualmente tutti puntati sui prestigiosi appuntamenti al Maremetraggio Village: la presentazione della ASSOCIAZIONE 100 AUTORI consente di fare il punto della situazione sul Cinema in Italia.
Leggi e legiferanti, nodi cruciali produttivi e distributivi, problemi inerenti la salvaguardia dei film: viene messo tutto sul piatto da Stefano Rulli e Mario Balsamo, ma tanti altri ospiti vogliono dire la loro e ne esce un quadro completo ed esaustivo.

Il tempo per un brindisi, ed ecco la presentazione del libro “IL SUONO DELLA NEVE” di Silvio Danese, eccellente esempio di narrativa italiana.
Doppio momento artistico, poi, nel pomeriggio: il consueto focus sulla manifestazione “FOTOGRAMMI INCROCIATI” a cura di Filippo Mazzarella e
l’inaugurazione alla Galleria Puntin in Via Diaz della performance multimediale di Manuel Fanni Canelles “SENZA TELA”.

Arriva poi, inevitabilmente, sera.
Mentre al Cinema Ariston il pubblico accoglie con un abbraccio fortissimo l’arrivo del cineasta greco Iannis Smaragdis (dopo la presentazione del
suo film “EL GRECO”) al Giardino Pubblico ci si appresta a vivere l’ultima grande serata di cinema internazionale.

Poche calde gocce di pioggia svaniscono subito, ed ecco l’omaggio in versione cortometraggio ad Alba Rohrwacher, bionda e tenera eroina del Nuovo Cinema.
“La donna del Mister” di Claudio Cupellini è un racconto avvincente e poetico sulle vie eccentriche dei sentimenti, e appaia il contesto agonistico a quello sentimentale; oltretutto, è fulgido esempio di come si possa raccontare una vicenda di omosessualità femminile senza cadere nella retorica.
Da plauso i quattro interpreti principali: Alba Rohrwacher appunto, Rolando Ravello, Piera Degli Esposti (grande “signora” del teatro italiano) e Francesca Inaudi.
Completa la prospettiva su Alba”Mio Figlio” di Filippo Soldi, prova singolare per la Rohrwacher.

In un soffio, è già tempo della SEZIONE CEI che ci invita sul suo treno internazionale.
Parte l’Albania della coppia Adrian Cene – Bertrand Shijaku: il loro “TATOO” è un divertissement d’animazione che sfrutta un… dèrriere femminile come singolare pannello grafico. Ironia e salace satira.
Un viaggio in automobile è quanto di più comune possa capitare nella quotidianità di un individuo; ma se le prospettive vengono ribaltate, e il basso diventa l’alto o viceversa, cosa succede di questo non più scontato tragitto ? Lo racconta con piglio surreale Erwin Wurm nel suo “TELL”.
“THE NAME OF THE FILM…. I CANNOT REMEMBER THE NAME OF THE FILM” di Ibro Hasanovic (Bosnia – Erzegovina) è un intelligente percorso d’avanguardia, che ci riporta a certi stilemi cari al cinema sperimentale del tempo che fu, nonostante l’aspetto di “teatro da camera”.
Inconvenienti e sorprese del Festival! “Drama” di Anastas Djidrov viene proiettato, ma è senza audio, e la visione viene interrotta per volontà dello stesso regista.
Maddalena Mayneri stessa spiega l’accaduto, e poco dopo, magia, il film viene presentato integro.
Meno male, perchè si tratta di una pungente parodia su scrittori ed aspiranti tali, con finale da commedia macabra.

“RUCAK”della croata Ana Husman sprizza veleno da tutti i pori contro le regole convenzionali del Bon Ton: Monsignor Della Casa (autore del Galateo
appunto) sarebbe perplesso di fronte a tanta anarcoide virulenza.
Italia da Gran Premio per “SCHIAFFI” di Claudio Insegno, dove un’azienda permette a chi è furente di sfogarsi sadicamente contro un pover uomo, fino a lasciarlo sanguinante. Natruralmente a fine pestaggio bisognerà pagare una parcella…
Humour nero e due attori irresistibili: la cattivissima Giorgia Wurth e Michele La Ginistra.

Eccoci poi nelle viscere della paura con “VAMPIR – THE GUARDIAN OF TERROR ” di Karel Breizna: raffinatissimo omaggio al cinema dell’orrore classico, con tanto di riferimento al Murnau di “Nosferatu” e in generale a tutto l’Espressionismo Tedesco. Si tratta di un cortometraggio proveniente dalla Repubblica Ceca, ma atternzione, la chiave di lettura è parossistica e survoltata, alla “Frankenstein Junior” di Mel Brooks, per intenderci.

Arriva dalla Serbia la pazza Clinica del Sesso di “DECAK KOJI JE BIO SUVISE NEVIN”, dove bellissime infermiere da cardiopalma si prendono cura di soggetti sfortunati privi di doti conquistatorie. Divertentissimo, è diretto dal giovane Danilo Beckovic.

Sport e volontà, senso del sacrificio e sogni da realizzare: attraverso la storia di un individuo poco atletico che sbava dietro il Tour De France, l’ungherese Simonyi Balazs racconta privato e pubblico. Il titolo è, molto semplicemente, “TOUR”.

Ecco poi l’animazione slovacca di “ALFONZOVA MUCHA” di Peter Budinsky, e davvero su quelli che una volta si chiamavano Cartoni Animati potremmo ormai scrivere un libro: questi giovani riuscirebbero, come il Mago Houdini, ad uscire senza catene dalle acque….

“OTROTSTVO”di Dymitro Suholytky – Sobchuk è lontano prodotto della Ucraina: una volta c’erano i formalisti russi, oggi una nuova scuola artistica
sta ridelineando i confini del Cinema. Qui non esiste una riga di dialogo, solo un percorso alla Wim Wenders verso le radici del Nulla.

Se la guerra è pane quotidiano, pure i bambini mangeranno questo pane: non si fugge a quello che non è un vaticinio jettatorio, ma pura verità.
Lo spiega molto bene “TAN TAN “di Zoran Markovic (Montenegro).

Polacco, non giovanissimo, Kiwerski Krziztof firma forse il lavoro più intenso della serata: uno specie di statua posizionata in un campo innevato diventa
simbolo plurimo di guerre, rivoluzioni, conquiste popolari, decessi, mentre scorrono i decenni ed i simboli si accumulano sul medesimo soldato senza volto.
Siamo di fronte ad un lavoro di grande valore artistico e sociale, non a caso salutato da una standing ovation di quelle da brivido.
Il titolo del film è “SWIADEK 1919 – 2004”.

“BRIC BRAC” di Gabriel Achim lavora su di uno schema doppio: la fatica e gli intoppi di un regista alle prese con un protagonista in depressione, ed un contesto privato e sentimentale irto di spine come una rosa. Molta musica, ed una fotografia trasparente e “vera”.

Bicchiere della staffa, lo straziante e durissimo “EVERY BREATH YOU TAKE” dello sloveno Igor Sterk: nonostante il titolo rubato ad una canzone di Sting e dei suoi Police, è un dramma familiare senza possibilità d’uscita, ove un incidente automobilistico procura dolore ai limiti del consentito.
Appuntamento a sabato, per l’ultima avventura di Maremetraggio 2009.

[b]Riccardo Visintin[/b] Continua a leggere

Diario di bordo giovedì 2 luglio 2009

Stretti in un abbraccio caloroso e cinefilo, gli spettatori di Maremetraggio 2009 stanno dimostrando il loro interesse pluridirezionale.
La fatica e l’impegno del nostro staff vengono quindi ripagati da un sorriso, una stretta di mano, un commento positivo sull’organizzazione.
Piccole scintille di buona,serena comunicazione che gratificano chi vive il Festival dal di dentro.

Serata calda ma stabile al Giardino Pubblico, dove la platea eterogenea trova la dolcezza e la disponibilità delle nostre preziose hostess (senza dimenticare quelle di corvèè al Cinema Ariston).

Partiamo senza indugi con “NO TE DUERMAS” di Salvador Jimènez: uno straziante tango funebre, dove il senso delle cose perdute
attanaglia chi guarda, e lo sgomento è quello di chi si trova nudo, defraudato della coperta dell’amore.

Si fregia di uno stemma teutonico il seguente cortometraggio, “BADETAG” di Philipp Batereau: in un contesto lancinante da incubo senza scampo,
un uomo sembra perdere le coordinate di moglie e figlioletto; Quasi metafisica ed irreale la spiegazione finale.

Una giovane coppia di nazionalità diversa (lei macedone, lui belga)si ritrova ad affrontare una doppia sconfitta psicologica: la fine della loro relazione sentimentale e la divisione umiliante di pochi beni materiali sballottati in un garage. Dirige il giovane Samuel Tilman, di nazionalità belga; il titolo del corto è “VOIX DE GARAGE”.

Si ritorna ad un divertente mondo animato con l’omino perseguitato da un meteorite abnorme nel film di Jèrèmy Clapin “SKHIZEIN”: un paradosso di 13 minuti molto gradito dal pubblico più auto ironico.

“DIX” del terzetto Le Nezet, Roisin e Janaud contempla le disavventure basculanti di un personaggio da operetta afflitto da seri problemi a livello di dinamica e di spostamenti. Si tratta di un’opera francese prodotta dalla compagine d’oltralpe “Autour De Minuit”.

Parte come un Minuetto dedicato alla fine della vita “Dernier Voyage”del belga Pierre Duculot, ma nel finale tutto si stempera in commedia rosa dal finale a sorpresa.

“ABSCHIEDSLIED”di Markus Beck sfrutta nuovamente come location una struttura ospedaliera, stavolta senza alcuna concessione all’umorismo, ma premendo il pedale del più vivido esistenzialismo.

Esistono film di immediata presa e altri dalla semantica più ramificata , che va resa palese cum grano salis. Senz’altro appartiene alla seconda compagine “LA MOGLIE” di Andrea Zaccariello, a parere di chi scrive il migliore cortometraggio italiano visto a Maremetraggio 2009.
In una cornice quasi fantascientifica e densa di mistero si svolge l’incontro mercenario tra una bellissima ragazza ed un giovane che ama filosofeggiare sulla vita. Non sapremmo dire bene il perchè, ma qualcosa nell’ambientazione ricorda “I viaggiatori della sera”(1978) di e con Ugo
Tognazzi, non a caso un’altra storia fantastica. Qualcosa però nel cortometraggio sfugge ad un’immediata catalogazione, e da questo elemento nasce la suspense. Protagonista la stupenda Valeria Solarino, tra le presenze promettenti del nuovo cinema italiano.

La Bulgaria è presente stasera con “Semeyna Terapia”di Petar Valtchanov , prepotente apologo sul teppismo suburbano che consente però alla coppia vittima di ridisegnare le mappe del proprio matrimonio.

L’ora è tarda, ma ecco frizzante come un bicchiere di gassosa “TEAT BEAT OF SEX”di Signe Baumane. Sorta di Bignami sui comportamenti sessuali ad uso degli adolescenti, è frammentato in episodi. Animazione ricchissima di riferimenti extratestuali, è una coproduzione Italia – Usa.

Si ritorna poi ad un contesto metropolitano per la perentoria , livida vicenda de “IL TORNEO”a firma Michele Alhaique, dove alcuni adolescenti che hanno già conosciuto il lato peggiore della vita inseguono un sogno agonistico.
Tristissima davvero la scena finale.

Conclusione di serata all’insegna della poesia naturista più incontaminata: “RYBA”di Alexander Kott si avvale di un paesaggio immoto ed innevato, degno delle favole di cristallo dei Fratelli Grimm. Produce lo Studio Pilotazh, la fotografia da rubino striato è di Peter Dukhovskoy.

Appuntamento a venerdì sera, le acque si fanno alte e l’approdo è vicino!

[b]Riccardo Visintin[/b] Continua a leggere

Diario di bordo mercoledì 1 luglio 2009

“Perchè faccio il cinema? Perchè voglio essere amato”
(Dario Argento)

Amore, amore, una parola così facile da dire, così difficile da dimostrare. Ben venga quindi l’arte, quando ci permette attraverso i suoi molteplici cuori di esistere, ci fa sentire meno soli, ci responsabilizza.
Il cinema è un atto d’amore, quindi Maremetraggio partecipa a questa iniziativa “sentimentale” diramando la sua voce il più lontano possibile.

Continua – in sinergia con la Casa Circondariale di Trieste – la retrospettiva OLTRE IL MURO, specchio retrovisore di realtà spesso fagocitate.
Sullo schermo “ZULU INCONTRA IL JAZZ”, di Ferdinando Vicentini Orgnani (presenza cara a Maremetraggio), ci trasporta nel mondo multietnico di
Paolo Fresu, prezioso jazzista italiano ed alfiere di una comunicazione universale senza vincoli.

Nella medesima mattinata arriva anche il film di Pippo Mezzapesa “PINUCCIO LOVERO – SOGNO DI UNA MORTE DI MEZZA ESTATE “. Siamo di fronte ad un’opera particolare, dove certe angolazioni psicologiche del Sud vengono ridisegnate, demistificate, senza alcun danno retorico o infingimento.

Non c’è due senza tre, e a pomeriggio inoltrato il Maremetraggio Village ospita “MEDEA FUORI DAL MITO” di Davide Casali, proiezione ricca di partecipanti.

La geometria indiavolata del tempo trasforma poi il sereno in pioggia battente, e siamo nuovamente ospiti del Teatro Miela per una serata senza risparmio d’energie.
Apre le danze il cortometraggio “JAMES” di Connor Clements: una storia omosessuale dalla filigrana delicatissima, dove contano i dialoghi e la totale assenza dei medesimi, dove negli occhi sperduti di un adolescente è possibile rintracciare echi esistenziali che a diverso titolo toccano tutti nessuno escluso.

La senilità è un tema spesso affrontato dal cinema internazionale con toni da tragedia greca: a risollevare gli animi ci pensa l’irlandese Conor Ferguson. Il suo “THE WEDNESDAYS” dal retrogusto dolceamaro, ci fa conoscere una coppia ottuagenaria che sperimenta gli stordimenti della droga come lenimento alla depressione . Molto divertente e quasi naìf.

Presente in modo cospicuo in questa edizione del Festival, la Spagna ha un modo tutto suo di affrontare gli argomenti, alternando la frustata al cubetto di zucchero. A riprova di quanto suddetto, David Gonzalez Rudiez concentra quattro personaggi in un appartamento, per un rude racconto sulla vecchiaia e sui disguidi interpersonali.

Lorenzo Acquaviva, attore triestino di teatro e di cinema dalla spiccata sensibilità, è presente in platea al Teatro Miela mentre scorrono le immagini de “IL PRIGIONIERO”, cortometraggio da lui interpretato e diretto da Davide Del Degan, vecchia conoscenza di Maremetraggio. Il lavoro – dai toni lirici e pieni di reminiscenze – parla di nuovo della vecchiaia e riunisce la coppia Acquaviva – Del Degan dopo il corto “ISIDORO” visto illo tempore.

Di nuovo verde terra d’Irlanda per “FRANKIE” di Darren Thornton, dove un quindicenne in procinto di diventare padre si impegna nel progetto, tra le insidie e le incomprensioni del mondo circostante: un lavoro difficile, meditato, innovativo nela mìse en scene.

Come un pugno nello stomaco irrompe poi dallo schermo “O ZI BUNA DE PLAJA” del rumeno Bogdan Mustata: terribile favola macabra sulla violenza
fisica e psicologica, talmente urticante da sollevare scarsi applausi da parte degli spettatori.

Si ritorna a sorridere con il simpaticissimo “LA SAINT FESTIN”(Francia) di Anne Laure Daffis e Lèo Marchand: un quadretto d’animazione sulle avventure di un baffuto orco mangiabambini, impegnato a festeggiare il Giorno Degli Orchi nel più appetitoso dei modi….

David Ilundain parla di donne tormentate, di azzardo del destino, di assonanze e divergenze: molto bene le protagoniste Ruth Nunez e Macarena Gomez, il titolo è “ACCION REACCION”(Spagna). La lunga notte sulla terrazza non sarà indolore per entrambe.
Sponda italiana, invece, quella a cui approdiamo per “ALICE”di Stefano Anselmi, dove ritroviamo una bionda e brava attrice cara a Nanni Moretti, vale a dire Mariella Valentini, alle prese con un personaggio ostico, sfuggente. Le fa da accorto alter- ego Isabella Ragonese, e a modo suo è una storia di fantasmi.

Proviene dal Belgio la vicenda grottesca di “SONGES D’UNE FEMME DE MENAGE”, dove una corpulenta donna delle pulizie ignorata dal marito
viene messa a confronto con sè stessa da un piccolo incidente di percorso. Dirige una donna, Banu Akseki, diretta e antiretorica.

Stupefacente piccolo saggio sui sentimenti, “UNE LECON PARTICULIERE”racconta con allusioni continue il gioco ad incastro della seduzione. Dirige il francese Raphael Chèvenement, la bellissima siderale insegnante è Cecile Ducrocq, che piacerebbe da morire a Claude Lelouch o Louìs Malle.

Animazione d’altri tempi ed esasperati solfeggi descrittivi per “MADAME TUTLI – PUTLI” del binomio Chris Lavis – Maciek Szcerbowski, che per il
National Film Board of Canada dipinge un personaggio femminile onirico e quasi felliniano.

Appuntamento a giovedì sera, sfidando le acque e i fulmini!

[b]Riccardo Visintin[/b] Continua a leggere

Diario di bordo di martedì 30 giugno

Si chiama scirocco il vento caldo che soffia dal deserto, impedendo la concentrazione e annebbiando i pensieri. Anomalia estiva o sberleffo metereologico, comunque sia persiste ed è compagno di viaggio (insieme alla pioggia) di questa lunga avventura
denominata Maremetraggio 2009.

Martedì all’insegna del richiamo sociale e dello sguardo sul dolore umano: in contemporanea alla Casa Circondariale di Trieste ecco due visioni
da custodire in una scatola segreta della memoria: “Come un uomo sulla terra” a firma del talentuoso terzetto Andrea Segre – Dagmawi Ymer – Riccardo Biadene. Videodocumentario di urgente necessità e fattivo valore, per capire quello che in tanti si ostinano a non voler capire: che sia Libia oppure un altro Paese, il codice comportamentale è lo stesso, e riguarda la volontà di certi uomini di sconfiggere il sopruso e l’ignominia.

Ricerca storica e culturale , un’attenzione quasi millimetrica alla genetica del mondo rurale: questi i segnali distintivi del film “Piazzati” di Giorgio Diritti, già conosciutoa Maremetraggio per il bellissimo, evocativo “Il Vento fa il suo giro”. La sua nuova creazione è un vocabolario d’istruzione sui confini e sui comportamenti degli umani, nello stile dell’autore che non è uomo da facili retoriche.

Tardo pomeriggio, invece, tutto dedicato alle donne: l’altra metà del cielo presenta il Concorso Internazionale di Scrittura Femminile “Città di Trieste”,e tra tanti frammenti di poesia sparpagliati generosamente come piccole mimose, l’ultimo viene letto proprio dalla Presidente del Festival Maddalena Mayneri.

Ricollocati al Giardino Pubblico dopo gli scherzi acquatici ,possiamo concentrarci sulle proiezioni, un bicchiere di menta verdissima tra le mani.

Dolcissima ma ostinata, una gracile vecchina ha un solo pensiero in testa: rifocillare il suo cagnolino, che non è proprio bestiola da Salone di Bellezza Canina. Peccato che attorno a lei le pareti del supermercato trasfigurino diventando più temibili delle mura di Alcatraz… Animazione di eccellente qualità, per due giovani burattinai di talento a firma Marcos Valìn e David Alonso (Spagna). Il titolo è “Atencìon al Cliente”.

Se Roberto Benigni ne “La vita è bella” riusciva a verniciare di rosa gli orrori abnormi del nazifascismo, la componente favolistica è quasi assente nel
cortometraggio “Spielzeugland”di Jochen Alexander Freydank (Germania) dove nuovamente i bambini sono pedine di un gioco a scacchi tragico, tormentato. Parlare in termini surreali della maternità è impresa da far tremare i polsi: bisogna possedere coraggio, inventiva, persino una scintilla di autentica cattiveria.
Il pubblico in sala è un pò sconcertato, perchè vedere una donna ficcare in lavatrice il proprio infante non è spettacolo piacevole: cotanta audacia è firmata Spagna, il film si intitola “Primer Domingo de Mayo”, gli anacronistici autori Martìn Romano e Inaki Antunano.

Co- produzione tra La Spagna e la Svizzera, “Un Dìa Y Nada” di Lorenz Merz è pieno di buone intenzioni ma manca sostanzialmente il bersaglio. Vorrebbe essere un racconto incrociato e spendere miele e veleno in un colpo solo, ma nonostante l’impegno rimane irrisolto.
Alberto Garcìa Martin è un giovane cineasta spagnolo che possiede il gusto del paradosso; lo aiutano interpreti duttili quali Jorge Bosch e Roberto Alvarez, individui quanto meno originali che partono dalla ricerca degli occhiali di Woody Allen e finiscono a sproloquiare sui massimi sistemi.
Capita in “Las Gafas”,e stavolta in sala si ride a sirene spiegate.

Merita più di un applauso di quelli con l’eco “Smàfuglar” di Rùnar Rùnarsson, che dai ghiacci dell’Islanda porta un souvenir d’ambra che parla di primo amore, di linguaggio adolescenziale e di sesso, di confusione e diversità: qualche lacrima fugace sulle guance degli spettatori denota piena approvazione popolare.

Ancora molta poesia per “Felix” di Andreas Utta, dove l’incomprensione tra genitori e figli sfocia nella romanticissima storia d’amore tra una ragazzina
sorda e un quasi adolescente che finge di esserlo. Paese di produzione, la Repubblica Tedesca.

Veloce e stordente come un giro di giostra, ecco “Surprise!” di Fabrice Maruca, gioco degli equivoci dove un microcosmo casinista combina danni a ripetizione.

Animazione avveniristica e stralunata per “Berni’s Doll” di Yann J. dove un ometto si autocostruisce una donna virtuale ma ne resta orfano dopo tante tribolazioni.

“La ritirata” di Elisabetta Bernardini sarebbe piaciuto a Pupi Avati, ed è un accorato apologo sulla guerra, sul mondo contadino e le sue scintille d’amore.

Conclude la serata “Il cuore all’improvviso” di Chaterine Mc Gilvray, e di come le donne raccontino bene l’amore e non solo, parleremo in un prossimo futuro.

Appuntamento a mercoledì sera.

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Diario di bordo di lunedì 29 giugno 2009

Signori si parte. Il viaggio – reale e metaforico – funziona come certi alianti colorati nei cieli d’estate: occupa il suo spazio in alto aprendo le ali, oppure
si accartoccia su sè stesso, vittima di un vento contrario. In entrambi i casi, lascerà una traccia nella nostra memoria, pulviscolo in ombra pronto a tornare visibile quando meno ce lo aspettiamo.

Lunedì sera il nostro viaggio vede come consolle il Teatro Miela: troppi i capricci sotto forma di vapore acqueo per rischiare le visioni all’aperto.

“Stato di grazia” di Valerio Esposito non è il primo titolo a sfondo bellico di questo Festival, ma senz’altro brilla di fiera luce propria per ardimento evocativo e pathos: si nota una mano felice nel raccontare una storia struggente, dove la vita vince, caparbiamente, sulla Nera Signora con la falce, cioè la morte. Dirige l’italiano Valerio Esposito, e gli applausi in conclusione sono inequivocabilmente scroscianti.

L’atmosfera in sala è ancora improntata alla commozione quando irrompe la chiassosa farsa ordita da Lucas Figueroa per il suo “Boletos por favor”: due maturi imbroglioni ed una quasi – vittima inconsapevole, per una ridanciana peripezia tranviaria in salsa iberica.

Pochissimo recitato, volutamente ambiguo fino alla fine e beffardo nei suoi riferimenti sociali: così Laurent Denis ha voluto concretizzare il suo “Les doigts de pied”(Belgio), che si avvale oltretutto di un formidabile rappresentante della terza età.

Sembra quasi un omaggio (indiretto) al “Deserto dei Tartari”di Dino Buzzati il cortometraggio ungherese “The Counterpart”: da quel racconto il giovane autore sembra cogliere l’atmosfera irreale e sospesa, il senso del tempo e dello spazio, lo smarrimento palese negli occhi disperati dei giovani militari.

Con un pizzico di orgoglio, perchè ci appartiene, citiamo poi il bellissimo “Sotto il mio giardino “di Andrea Lodovichetti: a tutti gli effetti un thrilling, gode di una fotografia superba e tratteggia i due piccoli protagonisti con una cura quasi strepitosa al mondo dell’infanzia, petalo morbido in attesa di farsi fiore.

La matrice entomologica poi, suscita nello spettatore più cinefilo almeno un paio di riferimenti: “Phenomena”(1984) di Dario Argento e “Fase IV Distruzione Terra”(1974) di Saul Bass.

Ancora adolescenza alle prese con le spine … ormonali della crescita per la cineasta norvegese Katja Eyde Jacobsen: nel suo “Interlude”ammiriamo la buonissima costruzione dei personaggi, la cui psicologia viene restituita a chi guarda con affettuosa partecipazione.

Gli abusi nel contesto familiare, la paranoia di chi non vede spiragli esistenziali degni di questo nome, il dramma della dignità violata: argomenti pesanti come macigni, resi a livello filmico da Valerio Boserman con il suo “Vlog”.

Ancora una bambina per la sofferta liasion dangereuse al centro di “Shtika”di Hadar Morag , dove l’amore fisico galleggia sul pelo dell’acqua ma non si palesa, e rimane quindi casto, puro legame platonico, poetico a suo modo nella sofferenza. Complimenti alla giovane regista, di origine israeliana.

Dopo tanta macerazione interiore, ben venga un pò di sanguigno umorismo spagnolo! Come una corsa a perdifiato sulla rambla, ecco la tribolazione della simpatica, mansueta massaia vessata dalla troupe di un film : ne passa di tutti i colori all’interno del corto “No se preocupe”di Eva Ungria Lupiani. Eccellente esempio di “cinema nel cinema”, il cortometraggio è gradito dal pubblico più giovane presente in sala.

Versante antitetico al sopracitato per “Felures”di Nicolas Pawlowski: arriva bel bello dalla Francia ed è tra i più raffinati gioielli d’animazione visti quest’anno. Apologo botanico e racconto sulla vecchiaia, si incanala poi verso gli impervi territori della fantasia senza perdere mai la bussola.
Il lavoro di disegno e di cesello appare encomiabile ed è beneaugurante anche il nome della società distributiva del corto: JE SUIS BIEN CONTENT.

La tematica affrontata dalla tedesca Frauke Thielecke nel suo film “Dunkelrot” è quella già vista al Festival nel lavoro di Francesco Felli “Ogni giorno”. Qui e là si parla del Morbo di Alzheimer, che suscita orrore al solo pronunciarlo ed è sinonimo di nebbia mentale, dolore, sofferenza. Un messaggio visivamente molto coinvolgente, a cui danno fattivo contributo i protagonisti Horst Janson e Renate Krobner.

L’ora è tarda, qualcuno teme la pioggia e batte in ritirata alla volta di casa, ma il grosso della platea rimane e fa bene- benissimo.

Il dessert cinefilo della serata è difatti un cortometraggio dal palpitante cuore artistico: “Veglia” di Michele Rho. Metaforico viaggio ai confini della notte, ammantato di mistero e mai del tutto rivelato, è un madrigale psicologico che abbisognava di due interpreti acconci: Michele li ha trovati in Giuseppe Cederna ed Anna Della Rosa, e a tutti gli effetti questo film è anche loro.

Appuntamento a martedì sera, tra un bailamme metereologico e l’altro, per continuare il grande spettacolo di Maremetraggio 2009.

[b]Riccardo Visintin[/b] Continua a leggere

Diario di bordo di domenica 28 giugno 2009

Via dalla pazza folla, titolava negli Anni Sessanta un bel film con Julie Christie: era un grido di libertà, di emancipazione vitale. Anche il cinema, a suo modo, libera la mente e fa piazza pulita dei preconcetti. O almeno, questo dovrebbe essere il suo compito.

Domenica all’insegna della malinconia: in tv si omaggia Michael Jackson, una fine improvvisa che ci lascia tutti sgomenti, ed anche un po’ più poveri.

Per fortuna, la fresca serata al Giardino Pubblico ha in serbo per noi parecchie sorprese di celluloide: un ottimo antidoto contro la tristezza.

Partenza d’autore con la poesia sociale di “My little brother from the moon”(Francia), due sfide vinte con il medesimo prodotto: incantare con l’animazione e far riflettere sulla malattia. Dirige il giovane Frederic Philibert: auguri per le prossime prove, il talento c’è.

Come un parto gemellare, “Thinking when speaking”dell’australiano Anders Emblem si sposa perfettamente con il cortometraggio precedente. Anche qui due soggetti umani interagiscono contro i limiti fisici e mentali: fratellanza, spirito di sacrificio ed emozione scandiscono questo pentagramma sensibile.

Dalla Norvegia innevata arriva invece “Et kjaerlighetskapittel” del biondo Torfinn Iversen: cosa fare se al piano di sopra qualcuno … si diverte? Umorismo surreale, gradito dagli astanti.

Lo schermo si incupisce durante il film seguente, “I don’t feel like dancing”della coppia Dollhopf – Goldbrunner: violenza brutale e soprusi in un racconto targato Germania, ricco di sequenze volutamente cattive ed anticonsolatorie.

L’animazione è corposamente presente quest’anno a Maremetraggio, ma d’altra parte si tratta di uno spazio “dovuto” a questi giovani avventurieri del sogno e dell’allegoria. Non fa eccezione “Standby” di Jannis Walz (Germania).

Al cinema il tema “caliente” del turismo sessuale è ancora tabù; benissimo fa Paky Perna a parlarne nel suo breve ma agghiacciante “Pattaya è il paradiso”, apologo anche formalmente ben riuscito.

Molto noto al pubblico televisivo per le tante fiction interpretate, il vulcanico Franco Castellano offre un saporito one man show nel corso di “Una strana infedeltà”: gioco degli equivoci alla Feydeau, di buon peso.

Ridere del mondo animale si può, se una mano autoriale baciata da Dio si impegna nell’impresa: tedesco, Eshed Tomer ci fa innamorare del toporagno d’acqua, bestiola romantica e lottatrice.

Sofisticati disequilibri, invece, per “1977”, ancora un giro sul luna park dell’animazione: dirige Peque Varela dall’Inghilterra.

Plauso sincero anche per Christelle Soutif , che porta dalla natìa Francia un cadeau irresistibile: il cortometraggio “Arrosez les bien!” con tanti animali matti tra cui una spassosa tacchina.

Potenza del cinema, eccoci nel ventre dell’Arabia per il forte apologo simbolico “Bab al samah” di Francesco Sperandeo: immagini da non dimenticare in fretta.

Potrebbe sfociare in dramma il precoce talento registico del capelluto adolescente di “Bruder, Bruder” di Lars Kreyssig, chiaramente ispirato ai “Diabolici”, classico francese della paura.

“El misterio del pez”(Spagna) di Giovanni Maccelli è un confetto d’animazione che si gusta come un dipinto, curato nei dettagli lacustri.

Mentre il clima precipita verso il brutto, ecco il povero, tenero nasone di “Manfred”, a opera dello svizzero Daniel Zwimpfer.

“Racines” di Eileen Hofer ci riporta alla Svizzera per una favola sul rapporto padre – figlio della sensibile Eileen Hofer.

Surreale è la vicenda domestica di “Cotton Candy”, del disincantato Aritz Moreno, cineasta iberico, con al centro un anziano pasticcione vittima del freddo, mentre precipitiamo in un angusto e desolato mondo domestico grazie a “Dager av kjaerlighet” di Eric Magnusson (Norvegia).

Mentre ormai piove e gli ombrelli tesi fanno “colore”, l’unica sicurezza è l’imponente dose di cortometraggi previsti per lunedì sera.

[b] Riccardo Visintin[/b] Continua a leggere

Diario di bordo di sabato 27 giugno 2009

Sabato pomeriggio, cantava Claudio Baglioni: per lui era il fulcro temporale di un esasperato romanticismo, per noi il momento di un tuffo nel mondo giovane.
Ecco infatti al Maremetraggio Village arrivare i protagonisti della sezione Corallino: ragazzi greci ed italiani, tutti assieme appassionatamente.
Poi il sole batte in ritirata, tutto si risolve in pioggia, ma… niente paura, l’entourage di Maremetraggio, abituato ai capricci di giugno, sposta le proiezioni all’interno del teatro Miela.
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Diario di bordo di venerdì 26 giugno 2009

Debutto da… thriller meteorologico per Maremetraggio 2009. Fino all’ultimo Giove Pluvio gioca con gli spettatori, ma poi li grazia ed eccoci al Giardino Pubblico, come da motto: “The Short Must Go On”.

Poco prima, al cinema Ariston, Maddalena Mayneri e Chiara Valenti Omero avevano tagliato metaforicamente il nastro della rassegna. Proiezioni a tamburo battente, perché il cinema è carburante da accelerazione cardiaca.
Parte l’Italia con “Basette” di Gabriele Mainetti, spassosa parodia del gangster-movie, con Valerio Mastandrea nei panni di un “Lupin”all’italiana; gustoso il repechage, in flashback, dell’infanzia dell’antieroe.

”Rybka” di Sergei Ryabov preme l’inesausto pedale della poesia per un corto d’animazione ricco di animali ed allegorie naif.

“Meseld El” di Andras Salamon, sgombera il campo da ogni tentazione proto-fantastica: qui, signori, si parla di guerra e di orrore bellico. Come in “Samarcanda” di Roberto Vecchioni, il destino ritorna se ha deciso di ritornare. E’ un corto ungherese. Lancinante il bianco e nero da cinegiornale.

Arcano, forse gotico, senz’altro nordico, “High Hopes” (Finlandia), di Mazdak Nassir rievoca sulle gracili spalle di un bambino la leggenda di Icaro, che per primo osò volare.

“Clacson”, di Takehito Kuroha, italiano con pseudonimo jap, è un apologo metropolitano sul caos del macrocosmo occidentale.

E’ inglese, invece, la regista Sarah Cox, che nel suo “Don’t Let It All Unravel” propone un piccolo corso accelerato di taglio e cucito.

“Francois” di Dario Gorini e Iacopo Zanon, racconta la ricerca dell’anima gemella al tavolo di un ristorante. Tredici minuti surreali.

“La Theorie Des Ensembles” è uno scioglilingua per immagini d’animazione: dietro la macchina da presa il trio Hamon – Damourettes – Eka. Manualità da Oscar.

“Le Jour De Gloire” è francese e illustra ancora una volta le lame acuminate della guerra; grazie a un sapiente lavoro d’animazione, tutto si plasma in un corpus funebre.

Alfonso Postiglione, viso già noto per gli spettatori affezionati di Maremetraggio, stavolta è regista per “Uno Scippo”, altra dimostrazione che il gioco di ruoli bambino-adulto, sapientemente composto, suscita sempre una notevole corposità emotiva.

“Thanks” nasce nella fredda e austera Islanda, e inquadra il più grottesco incidente d’auto dai tempi del racconto “La Panne” di Durrenmatt.
Il giovane danese Jesper Maintz firma “501” dove un gioco ludico nasconde sotto il mantello un enigma inquietante.

“Paseo” dello spagnolo Serrano, prevede un sillabario sentimentale per attempati principianti.
Ancora avanti, verso il rush finale: “Rutina” appartiene al giovane Suda Sanchez, e trasuda lirismo spagnolo e fatalismo.

A ruota, seconda tranche iberica, stavolta ad appannaggio di una giovane regista, per la roulette infinita degli incontri – anche ironici – al centro di “Dolores”: dirige Manuela Moreno.

“La Grande Menzogna” è firmato Carmen Giardina e verrà apprezzato da qualsiasi cinefilo, visto che narra l’ipotetico (o no?) incontro tra Bette Davis e la nostra Anna Magnani.

Il corto è ironico e presenta scambi irresistibili tra la cultura partenopea e quella un po’ becera e radical chic della vecchia Hollywood.

Il congedo della serata è fornito da “John And Karen” di Matthew Walker: deliziosa trasposizione animale, dei cliché di un rapporto di coppia alle prese con le piccole-grandi beghe quotidiane.

Appuntamento a sabato sera.
Riccardo Visintin Continua a leggere