Diario di bordo di lunedì 1 luglio

Soffia un vento caldo, oggi, primo giorno di luglio e secondo capitolo di Maremetraggio 2013, un festival colto, dinamico, moderno e piacevolmente glamour. [:]Come la ragazza immagine del catalogo. Chi è? Ma naturalmente la nostra Vittoria Rusalen: preziosa, laboriosa e persino fotogenica!
Al Caffè Teatro Verdi c’è chi va e chi viene. Incredibile come il tempo non conceda requie, un battito di ciglia e siamo già posizionati in platea.
Incessante e fortissima, una vera e propria centrifuga, la voce di una madre ci introduce nel delizioso ritratto infantile di Lucy contra los limites de la voz; diretto dalla messicana Monica Herrera, ruota intorno alle idee sul potere della parola di una bambina, senza irriderle.
Ecco poi la Russia proposta dalla Leevandia Entertaiment, che produce Enmesh di Aynur Askarov; si respira un’aria popolare, da cinema sanguigno e balcanico, un gran vociare e strepitare di bambini, che vendono uova e litigano pur di vedere un film. Un pregevole studio sull’infanzia, colorato e delicato.
Lavorare sul territorio del cinema d’animazione (è stato già detto in passato), è un po’ come camminare sulle uova; è necessaria una pratica inventiva per nulla scontata.
Edmond était un ane del canadese Franck Dion vince la sfida: in un odioso ambiente burocratico, un omino umiliato dai colleghi trapassa dalla natura umana per diventare qualcosa di completamente diverso.
Risate sincere e qualche buono spunto di riflessione grazie al nostro Alessandro Valori, che con Babylon fast food narra una saporita storia di integrazione razziale, anche se il vero protagonista è un bianco e furbo felino predatore di gustose bistecche. Valori omaggia Spike Lee facendo affidamento su di un interprete centrato e buoni comprimari come contributo. Non dimenticheremo il nostro amico di colore che strepita: “Io sono italiano”!
L’Austria è rappresentata, invece, da Michael Rittmansberger che con Abgestempelt alza i toni del pathos emotivo: un padre, un figlio, un momento di tensione in metropolitana, fino ad un sferzante finale thrilling.
Rievocazione storica efficace, poi, quella che ci trasporta ai pieni fasti dell’Impero Spagnolo; ne è messaggero Araxta Echevarria che però sceglie per il suo Don Enrique de Guzman la chiave satirica, irriverente, socio-introspettiva, mondana e… lussuriosa!
Quasi un bozzetto-minimal (ma sono i più difficili, ricordiamolo!) è Galeria del polacco Robert Proch, che sfrutta un raffinato total black and white solo lievemente screziato di rosso. Si tratta di un lavoro sincopato, con delle suggestioni tipicamente latine, a partire dalla iconografia della corrida.
Di nuovo animazione per The last belle di Neyl Boyle dove una bruttina adorabile aspetta a Londra i risultati di un appuntamento al buio; spassosi e grotteschi i personaggi ed alla fine l’amore trionfa sempre; da spettatori siamo sempre dalla parte di questi buffi personaggi sognanti, ansiosi, colorati, ubriachi, forse semplicemente…animati!
Dialogo d’amore, di sesso, e di altre amenità quello che coinvolge una coppia al tavolino del bar centrale; c’è in ballo una prima notte sul talamo, roba mica da poco! Prodotto dalla Yndie Trist Café regular, Cairo gioca perfidamente di fioretto con argomenti che chi più chi meno toccano tutti.
Molti ingredienti drammatici, invece, nel Messico di Ernesto Martinez Bucio, dalla fotografia così livida, naturale, cattiva; una storia di amore filiale e materno, ma anche di morte, di violenza: sapiente la calibratura tra dialogo e immagine. Semplice ed incisivo il titolo: La madre.
Non manca la precipazione emotiva nel pillio registico del britannico Stephen Fingleton: generazioni a confronto, degenerazioni del dialogo, ognuno trasporta la propria motivazione come uno stendardo ben visibile sulla giacca; titolo del lavoro Shirin, ed è anche il commiato visivo della serata.
Appuntamento a martedì sera.

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