Diario di bordo di lunedì 29 giugno 2009

Signori si parte. Il viaggio – reale e metaforico – funziona come certi alianti colorati nei cieli d’estate: occupa il suo spazio in alto aprendo le ali, oppure
si accartoccia su sè stesso, vittima di un vento contrario. In entrambi i casi, lascerà una traccia nella nostra memoria, pulviscolo in ombra pronto a tornare visibile quando meno ce lo aspettiamo.

Lunedì sera il nostro viaggio vede come consolle il Teatro Miela: troppi i capricci sotto forma di vapore acqueo per rischiare le visioni all’aperto.

“Stato di grazia” di Valerio Esposito non è il primo titolo a sfondo bellico di questo Festival, ma senz’altro brilla di fiera luce propria per ardimento evocativo e pathos: si nota una mano felice nel raccontare una storia struggente, dove la vita vince, caparbiamente, sulla Nera Signora con la falce, cioè la morte. Dirige l’italiano Valerio Esposito, e gli applausi in conclusione sono inequivocabilmente scroscianti.

L’atmosfera in sala è ancora improntata alla commozione quando irrompe la chiassosa farsa ordita da Lucas Figueroa per il suo “Boletos por favor”: due maturi imbroglioni ed una quasi – vittima inconsapevole, per una ridanciana peripezia tranviaria in salsa iberica.

Pochissimo recitato, volutamente ambiguo fino alla fine e beffardo nei suoi riferimenti sociali: così Laurent Denis ha voluto concretizzare il suo “Les doigts de pied”(Belgio), che si avvale oltretutto di un formidabile rappresentante della terza età.

Sembra quasi un omaggio (indiretto) al “Deserto dei Tartari”di Dino Buzzati il cortometraggio ungherese “The Counterpart”: da quel racconto il giovane autore sembra cogliere l’atmosfera irreale e sospesa, il senso del tempo e dello spazio, lo smarrimento palese negli occhi disperati dei giovani militari.

Con un pizzico di orgoglio, perchè ci appartiene, citiamo poi il bellissimo “Sotto il mio giardino “di Andrea Lodovichetti: a tutti gli effetti un thrilling, gode di una fotografia superba e tratteggia i due piccoli protagonisti con una cura quasi strepitosa al mondo dell’infanzia, petalo morbido in attesa di farsi fiore.

La matrice entomologica poi, suscita nello spettatore più cinefilo almeno un paio di riferimenti: “Phenomena”(1984) di Dario Argento e “Fase IV Distruzione Terra”(1974) di Saul Bass.

Ancora adolescenza alle prese con le spine … ormonali della crescita per la cineasta norvegese Katja Eyde Jacobsen: nel suo “Interlude”ammiriamo la buonissima costruzione dei personaggi, la cui psicologia viene restituita a chi guarda con affettuosa partecipazione.

Gli abusi nel contesto familiare, la paranoia di chi non vede spiragli esistenziali degni di questo nome, il dramma della dignità violata: argomenti pesanti come macigni, resi a livello filmico da Valerio Boserman con il suo “Vlog”.

Ancora una bambina per la sofferta liasion dangereuse al centro di “Shtika”di Hadar Morag , dove l’amore fisico galleggia sul pelo dell’acqua ma non si palesa, e rimane quindi casto, puro legame platonico, poetico a suo modo nella sofferenza. Complimenti alla giovane regista, di origine israeliana.

Dopo tanta macerazione interiore, ben venga un pò di sanguigno umorismo spagnolo! Come una corsa a perdifiato sulla rambla, ecco la tribolazione della simpatica, mansueta massaia vessata dalla troupe di un film : ne passa di tutti i colori all’interno del corto “No se preocupe”di Eva Ungria Lupiani. Eccellente esempio di “cinema nel cinema”, il cortometraggio è gradito dal pubblico più giovane presente in sala.

Versante antitetico al sopracitato per “Felures”di Nicolas Pawlowski: arriva bel bello dalla Francia ed è tra i più raffinati gioielli d’animazione visti quest’anno. Apologo botanico e racconto sulla vecchiaia, si incanala poi verso gli impervi territori della fantasia senza perdere mai la bussola.
Il lavoro di disegno e di cesello appare encomiabile ed è beneaugurante anche il nome della società distributiva del corto: JE SUIS BIEN CONTENT.

La tematica affrontata dalla tedesca Frauke Thielecke nel suo film “Dunkelrot” è quella già vista al Festival nel lavoro di Francesco Felli “Ogni giorno”. Qui e là si parla del Morbo di Alzheimer, che suscita orrore al solo pronunciarlo ed è sinonimo di nebbia mentale, dolore, sofferenza. Un messaggio visivamente molto coinvolgente, a cui danno fattivo contributo i protagonisti Horst Janson e Renate Krobner.

L’ora è tarda, qualcuno teme la pioggia e batte in ritirata alla volta di casa, ma il grosso della platea rimane e fa bene- benissimo.

Il dessert cinefilo della serata è difatti un cortometraggio dal palpitante cuore artistico: “Veglia” di Michele Rho. Metaforico viaggio ai confini della notte, ammantato di mistero e mai del tutto rivelato, è un madrigale psicologico che abbisognava di due interpreti acconci: Michele li ha trovati in Giuseppe Cederna ed Anna Della Rosa, e a tutti gli effetti questo film è anche loro.

Appuntamento a martedì sera, tra un bailamme metereologico e l’altro, per continuare il grande spettacolo di Maremetraggio 2009.

[b]Riccardo Visintin[/b]

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