Ignazio Oliva a Maremetraggio

Serena Smeragliuolo (SS): Siamo con Ignazio Oliva protagonista del film ”Onde” di Francesco Fei, un film che ti vede attore e interprete di un ruolo molto difficile e particolare. Tu stesso lo hai definito uno dei ruoli più difficili della tua carriera, quello di un cieco con gli occhi aperti…

Ignazio Oliva a Maremetraggio
intervista a cura di Serena Smeragliuolo

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oliva1.jpgSerena Smeragliuolo (SS): Siamo con Ignazio Oliva protagonista del film ''Onde'' di Francesco Fei, un film che ti vede attore e interprete di un ruolo molto difficile e particolare. Tu stesso lo hai definito uno dei ruoli più difficili della tua carriera, quello di un cieco con gli occhi aperti…

Ignazio Oliva (IO): Si è vero, in assoluto forse è il ruolo più difficile. Ti racconto come lo ho affrontato: prima c'è stata tutta una parte teorica di grandi letture rispetto a casi simili al mio ruolo, cioè persone che sono diventate cieche successivamente… c’è infatti un grosso distinguo tra quelli che ciechi lo sono diventati e quelli che ci sono nati… cambia molto chiaramente il mondo con cui devono confrontarsi con la realtà. Questa era la parte teorica, e poi ce n’è stata una un po' più pratica nella quale ho frequentato persone cieche e in particolare una ragazza con cui ho passato diverse settimane. Con il regista abbiamo fatto una serie di prove sul campo, nei vari centri per ciechi e poi ci siamo buttati in questa avventura.

Si, la difficoltà principale era il tenere gli occhi aperti e non è facile… Ho visto anche una serie di film nei quali grandi attori hanno interpretato questo ruolo per cercare di carpire un po' qual è stato il loro lavoro… insomma speriamo sia andato bene.

SS: Il film è stato girato a Genova, anche perché sei stato tu a proporlo.

IO: Un po' sì, io sono genovese… anche se quella del film è una Genova un po' diversa. Non è stata mostrata la Genova rinascimentale dei bei grandi palazzi, ma quella un po' nascosta, un po' moderna e industriale… Ero sicuramente felicissimo di girare nella mia città e di far parlare nelle immagini della mia città.

SS: Questo film, diretto da Francesco Fei, è un’opera prima. Nella tua carriera ti sei misurato invece con registi di grandissima esperienza come ad esempio Bertolucci.
Com’è lavorare con un giovane regista e con uno come Bertolucci?

IO: Ti dico la verità, il mio modo di affrontare il lavoro è uguale. Nel momento in cui scelgo di fare un film, che sia di un grande regista o di un giovane esordiente, ci metto tutto me stesso cercando di dare il massimo delle mie capacità e della mia professionalità. Penso che si possano trovare degli stimoli anche dai giovani registi; chiaramente con i grandi sai che puoi “succhiare” molto, perché la loro storia e i loro film lo confermano. Ma anche da un giovane credo si possa imparare molto.

SS: Forse un giovane regista ti lascia maggiore libertà?

IO: Forse uno più giovane mi lascia una maggiore libertà nell'agire in cose che non riguardano il mio ruolo d'attore. Purtroppo ho questa cattiva abitudine di voler sempre dare una mano: aggiusta i carrelli, metti da solo il microfono, controlla cose che non sono di mia specifica competenza. Ecco magari un giovane regista me lo fa fare, anzi è grato che anche un attore si occupi di altre cose, specialmente nelle produzioni un po' indipendenti, dove ci sono pochi soldi, poca gente, e quindi ci si dà tutti un po' da fare e a me piace molto farlo… E poi mi serve per entrare nel gruppo e anche nel ruolo che faccio. Magari con i grandi registi sto un po' più attento, perché sono grandi non solo per quello che fanno, o che hanno fatto, ma anche per l'età e quindi, probabilmente, vengono anche da una generazione di cinema, dove si è insegnato e si è fatto cinema in un certo modo: quindi ognuno con il suo ruolo, nel proprio spazio, e guai ad invadere i campi o i reparti altrui. E allora conscio di questo sto un po' più sulle mie… c'era un grande attore francese che diceva: “Fare cinema è l'arte di trovare una sedia”, perché effettivamente le pause sono lunghe e io in quei frangenti mi annoio molto. Cerco di stare concentrato, ma a volte è molto difficile farlo e mi diverto di più aiutare i macchinisti o gli assistenti.

SS: Tra tutti i registi con cui hai lavorato, qual è stato quello che ti ha dato di più?

oliva2.jpgIO: Con Campiotti mi sono trovato sempre molto bene, ho fatto due film con lui e devo dirti che è un regista che stimo molto anche umanamente. Ho avuto la fortuna di incontrare in quasi tutti i film che ho fatto persone con cui sono riuscito ad avere uno scambio umano, che andasse anche al di là del nostro lavoro. Devo dire che in questo senso sono stato molto fortunato.

L'esperienza che paradossalmente mi ha dato di più, sono un paio di documentari che ho girato io, e che non posso paragonare con il ruolo d'attore. Sono due documentari che ho girato in Africa: non sono un regista ma mi piace l'idea di poter contribuire dando una mano per quel poco che posso fare per sensibilizzare l'opinione pubblica. Questi due documentari sono in assoluto le esperienze che mi hanno più formato, più di qualsiasi altro film, più di qualsiasi altra scuola di teatro o spettacolo che io abbia mai fatto.

SS: Mi viene in mente Micheal Cimino che qualche tempo fa ha detto: “Vuoi fare il regista? Comincia a far l'attore!”. Sei d’accordo?

IO: Come no, per chi vuole fare regia è fondamentale. Io ho un carissimo amico, che ora è diventato uno dei più grandi registi teatrali greci, lui è di Atene insieme a me ha fatto una scuola di teatro in Inghilterra. Ha scelto di seguire una scuola specifica sul lavoro dell'attore, proprio perché diceva di voler prima capire cosa vuol dire fare l’attore per poi, da regista, saper lavorare al meglio con loro.

Sì, senza ombra di dubbio è un passo da fare anche perché poi, secondo me, i grandi registi sono proprio quelli che lavorano molto bene con gli attori e che dedicano molta cura al lavoro con loro… in pochi fanno così.

SS: Siamo qui a Maremetraggio, festival triestino del cortometraggio, e mi hanno detto ieri che tu e Davide Cocchi andate in giro a girare un corto… è vero?

IO: Sì è un gioco. Qui lo stanno pompando molto, ma è solo un gioco che stiamo facendo con la troupe di Coming Soon. Abbiamo diverso tempo libero a disposizione e siamo stimolati dall'hotel in cui siamo ospitati..

SS: Lo girate dentro l’hotel?

IO: Sì, dentro. Stiamo giocando al gioco del corto.

SS: Film in uscita? Prossimi progetti?

IO: Ci sono due lavori in uscita, uno è proprio '' Onde'' che ci auguriamo esca prima o poi e un altro è un film tv che ho fatto quest'inverno. Un film sulla storia di Don Pappagallo, era un prete che ha salvato tantissime persone durante l'occupazione nazi-fascista in Italia. Il mio ruolo è quello di un partigiano, una persona realmente esistita, che si chiama Gioacchino Gismundo, morto anche lui come Don Pappagallo nelle fosse Ardeatine. Sono onorato di partecipare a questo film, perché secondo me la memoria storica è qualcosa di fondamentale, da riproporre e da far vedere.

Invece di farci vedere – come fa spesso la televisione – delle belle tette nude o le tante veline, preferisco vedere questo genere di cose. Per capire chi siamo è importante capire da dove veniamo, qual è stata la nostra storia, anziché perdersi in cose futili.

SS: Com’è il passaggio dalla fiction per la televisione al cinema?

IO: Io non disdegno assolutamente la televisione… disdegno un certo tipo di televisione. Un prodotto come quello di questo inverno lo farei tutti i giorni.

Se la televisione proponesse film storici o sociologici, e non per forza solo film drammatici (anche la chiave comica riesce a trasmettere un messaggio di un certo tipo, insinuando un senso critico nelle persone), io la farei, anzi l’ho fatta!

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