Negli occhi di una donna

Liscio è il secondo lungometraggio di Claudio Antonini, regista romano con un passato da ex calciatore professionista.

Claudio Antonini

Negli occhi di una donna
intervista a cura di
Sarah Gherbitz

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Locandina del film Liscio di Claudio AntoniniLiscio è il secondo lungometraggio di Claudio Antonini, regista romano con un passato da ex calciatore professionista. Al centro del racconto c’è il contrastato rap-porto tra Raul, il piccolo protagonista della vicen-da (Umberto Morelli), e sua madre Monica, interpretata da Laura Morante, qui nell’insolita veste di ‘sciantosa’.
Cantante in una vario-pinta orchestra di liscio, Monica si esibisce la sera nelle balere, portando avanti così la tradizione musicale di famiglia. Veste in modo appariscente e vive brevi relazioni – per lo più sessuali – con diversi uomini, collezionandone un’ampia gamma tra intellettuali, rockettari, impresari musicali, ufologi e coltivatori di marijuana. La donna non è contenta del lavoro, vorrebbe cambiare vita e abbandonare il liscio per seguire un nuovo itinerario musicale. Raul, che ha dodici anni ma è già molto maturo, è stanco di vedere la madre in balia di uomini sempre diversi; da qui partirà la sua “caccia” al compagno ideale.
Una favola dal sapore malinconico, dove la musica delle sagre, il liscio, diventa il pretesto per scavare dentro l’anima della provincia caciarona e un po’ superficiale, quella delle canzoni in rima e dei buoni sentimenti.

Sarah Gherbitz (SG): Ieri sera è stato proiettato Liscio di Claudio Antonini, con protagonista Laura Morante. Il titolo indica un tipo di ballo ma, in realtà, è solo lo spunto iniziale per descrivere una vicenda ben più complessa. Com’è nata l’idea per questo film?

Claudio Antonini (CA): L’idea nasce, innanzitutto, da una sceneggiatura di Marco Campogiani che ha vinto il premio Solinas per il trattamento. Da questo trattamento è nata la sceneggiatura, che era un’immersione totale nel mondo del liscio. Dopodiché ci abbiamo messo le mani un po’ tutti quanti. Ci sono varie collaborazioni alla sceneggiatura e, nell’ultima fase, c’è stato anche l’intervento di Laura Morante, che non compare ma che ci ha dato delle idee importanti, soprattutto per il suo personaggio.

Lo ha fatto diventare un personaggio al contrario: una mamma in qualche modo sconsiderata, almeno apparentemente, con un bambino, invece, molto più saggio di lei, più adulto, che lei tratta proprio come un adulto. Nel film si crea un contrasto, una sfida continua tra i due personaggi. Il liscio sta al centro, tra loro due, proprio perché, per la protagonista Monica, è un mondo che l’ha imprigionata fin da piccola e dal quale lei in qualche modo vuole fuggire, prendendo spunto dalla morte del nonno.
Per il bambino, invece, è il mondo nel quale lui vuole assolutamente vivere perché è il mondo della tradizione, della stabilità.

SG: La protagonista cerca di fuggire dal liscio anche attraverso la sua vita sentimentale, forse soprattutto attraverso la sua vita sentimentale…

Claudio AntoniniCA: Secondo me no! Lei cerca un’espressione di se stessa. Sfugge dal mondo del liscio perché cerca un’affermazione di se stessa ma soprattutto un modo per esprimersi. Nel mondo moderno, specialmente le donne cercano oggi la possibilità di esprimersi, possibilità fino a un po’ di anni fa solo maschile. C’erano pochissime donne nella storia, nelle arti, che si affermavano. Invece nel mondo moderno una donna cerca anche questo, cerca di trovare un proprio mondo, di trovare una propria forma d’espressione.

Soprattutto da parte del bambino ci sarà questo contrasto proprio perché assolutamente non vuole che lei si butti in un tipo di vita che l’allontanerebbe da lui. Gli uomini fanno parte della sua vita, ne hanno sempre fatto parte e probabilmente ne faranno ancora parte. Perché alla fine, se c’è una morale del film, è proprio quella secondo la quale ognuno deve appunto fare la propria vita. Alla fine del film credo si capisca che il bambino ha compreso questa cosa.

SG: Per quanto riguarda la realizzazione del film, dove è stato girato?

CA: Il film è stato girato tra Roma e Ostia, soprattutto Ostia per quanto riguarda gli esterni perché ricorda un po’ la riviera romagnola, anche se molto lontanamente. Ci sono questi grandi spazi aperti, il mare immenso e poi c’è un’architettura neoclassica molto cinematografica. Per quanto riguarda gli interni abbiamo trovato degli spazi a Roma.

SG: Come se l’è cavata Laura Morante per le parti musicali? Com’è stato il lavoro sulle esibizioni canore?

CA: Devo dire che Laura ha raccolto la sfida in questo film! Era proprio una sfida nei confronti di se stessa quella di riuscire a cantare con la sua voce le canzoni, cantarle e contemporaneamente ballare. Per lei è stata un grosso impegno.

C’è da dire che Laura Morante è una persona sorprendente, che mi ha sorpreso con questa sua grande professionalità e col suo impegno molto serio. Ha preso delle lezioni da un maestro di musica, abbiamo provato e riprovato, e ne sono uscite delle interpretazioni molto forti, nel senso di attrice. Per esempio, se sentite l’ultimo pezzo, Lune, che fa parte del repertorio di Riccardo Tesi, (uno dei musicisti che firmato la colonna sonora del film, nda) secondo me, nel film la canzone cantata da lei ha una forza interpretativa molto maggiore rispetto all’originale. Credo quindi che se la sia cavata non benissimo… ma egregiamente!

SG: Aveva già in mente la Morante per questo ruolo? Com’è avvenuta la scelta dell’interprete?

CA: Lei ha letto la sceneggiatura e, come dicevo prima, ha intravisto la possibilità di interpretare un personaggio che avesse vari toni espressivi, varie possibilità. È un personaggio un po’ all’americana, al quale non siamo abituati… qualche critico ha detto che lei canta e balla come un’attrice americana. La sua interpretazione, secondo me, è molto naturale e quindi anche molto bella, perché più si è naturali più si è convincenti.

Laura Morante

Il personaggio iniziale non era così, era diverso, ma lei ci ha messo del suo e l’ha trasformato in qualcos’altro: in una mamma che, nonostante la sua apparente sconsideratezza e la sua apparente confusione sentimentale, così impegnata in questo rapporto di contrasto con il bambino, fa trasparire comunque l’amore materno, che alla fine vince su tutti i contrasti, su tutte le guerre che ci sono tra madre e figlio.

SG: Lei ha scritto il soggetto anche per il film Viol@, con al centro un altro personaggio femminile estremamente interessante…

CA: Erano proprio i primissimi anni delle chat, anzi ancora non esistevano quando abbiamo scritto il soggetto del film, esisteva qualcosa di diverso: c’era il minitel.
Poi, mano a mano che scrivevamo, sono venute fuori le chat, quindi questo personaggio era estremamente interessante perché dava alla donna una connotazione di modernità, la collocava anche nella ricerca di se stessa. I personaggi femminili sono quelli che mi affascinano di più: oggi la donna è quella che fa il percorso più interessante rispetto all’uomo perché è alla ricerca di se stessa e soprattutto di una propria identità, da rielaborare conciliando la propria femminilità, cioè la propria condizione di donna, e l’affermazione di stessa.

Claudio Antonini intervistato da Sarah Gerbitz

foto di Giulio Donini ©

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