Ivan Franek a Maremetraggio

VS: Come ti sei rapportato con un personaggio così difficile e sofferto come Bobby Sands? IV: Cercando l’energia dentro di me. Quando ho parlato con il regista David Ballerini ho capito che non cercava qualcosa di realistico, di documentaristico…

Ivan Franek a Maremetraggio
intervista a cura di Valentino Sergi

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franek1.jpgVS: Come ti sei rapportato con un personaggio così difficile e sofferto come Bobby Sands?

IV: Cercando l’energia dentro di me. Quando ho parlato con il regista David Ballerini ho capito che non cercava qualcosa di realistico, di documentaristico, ma una trasposizione, un’allegoria del martirio di Giovanni Battista e allora mi sono concentrato per trovare le emozioni giuste nelle scene che David ha scritto. David aveva in mente questo progetto da tre anni e ho capito subito che sapeva come dovevamo fare le cose e dopo qualche aggiustamento ho iniziato ad affrontare la preparazione del personaggio.

VS: Questa non è la prima volta che ti cimenti con il cinema italiano, che lavori con registi italiani, come ti trovi con questo tipo di cinema?

IV: In Italia ho trovato molti progetti interessanti e mi sono trovato bene con tutti i registi con cui ho lavorato, Soldini, Ballerini, Berini, Alongo e Mordini con cui ho fatto il mio ultimo film. Devo dire che ho avuto la fortuna di incontrarne di molto bravi e umani.

VS: Cosa puoi dirci delle tue esperienze con il cinema europeo? Sappiamo che hai lavorato anche in Francia e nella Repubblica Ceca…

IV: Anche in Europa ci sono progetti molto buoni e sono contento di poterne discutere con registi francesi, svizzeri, belgi. Mi piace viaggiare, conoscere gente nuova e confrontarmi con progetti nuovi. Lavorare con il cinema europeo mi fa sentire bene.

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VS: Cosa ne pensi riguardo alla differenza tra il cinema americano che sforna centinaia di film e quello europeo, che ne produce meno per un circuito di nicchia, d’essai, ma non per questo meno validi?

IV: Non essendo produttore non saprei esprimermi correttamente riguardo alla questione, ma come attore posso certamente dire che quando lavoro ad alcuni progetti europei si avverte la mancanza di soldi. Conosco una regista di Praga che da tre anni sta cercando di trovare i fondi per realizzare il suo film, ma si scontra con il disinteresse delle case di produzione. Se lavoro ad un film non penso ai milioni di spettatori che affluiranno nelle sale, ma alla sua qualità artistica, cosa che non fanno i produttori, per questo spero, nel mio caso, che il cinema cecoslovacco possa trovare coproduttori francesi e americani in modo da potersi diffondere anche attraverso i festival. Produrre è sicuramente un lavoro pericoloso, perchè investire in un progetto che non frutta può essere una catastrofe, ma bisogna rischiare. Adesso sto lavorando ad un progetto indipendente, coprodotto da italiani e cecoslovacchi e con dei registi italiani. Il budget è minimo, ma se c’è un buon riscontro di pubblico, se ne farà un’altro con più ricchezza di mezzi. Forse questa è la strada che bisogna intraprendere adesso.

VS: Sì forse è la strada giusta per trovare i mezzi e i soldi e per valorizzare un tipo di cinema e recitazione molto validi, sofferti come ne Il silenzio dell’allodola… Per cui ti sei proprio calato nel personaggio, dimagrendo moltissimo e assumendo, alla fine del film, le fattezze di un ebreo deportato ai tempi del nazismo. Che tipo di preparazione hai affrontato per entrare nel personaggio di Bobby Sands, sicuramente diverso da quelli da te già interpretati?

IV: Devo dire che ho fatto la scuola di recitazione di Praga, che mi ha dato le basi per fare il mio lavoro e molte nozioni legate alla tonalità della voce e al tipo di pensieri da adottare quando si affronta un personaggio, ma molto dipende anche dallo scambio con il regista, da una comunione di pensieri. Un’interpretazione è frutto di un’elaborazione di sistemi di lavoro, ma prima di tutto bisogna trovare l’energia dentro di sé e la disponibilità ad accettare ciò che chiede il regista, per poi armonizzare le cose. Se ho perso quindici chili per entrare nei panni di Bobby Sands non è per aver adottato il metodo Stanislavskij, ma perché dovevo dare la massima credibilità ad un personaggio che, nella realtà, era morto facendo lo sciopero della fame. Perdere peso non è stato un lavoro di recitazione, ma di preparazione ad un personaggio importante.

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